Si rafforza sempre più la giurisprudenza che ammette che le misure cautelari atipiche – inclusi divieti di escussione di garanzie pubbliche – possano essere strumenti reali nel quadro delle procedure di risanamento, a condizione che sussistano criteri rigorosi. Da ultimo, il Tribunale di Vicenza ha emesso un provvedimento nell’ambito di una procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa (CNC), concedendo una misura cautelare atipica consistente in un divieto temporaneo di escussione della garanzia pubblica MCC (Mediocredito Centrale), disposta a favore della società ricorrente a garanzia dei finanziamenti ricevuti.
Si denota, pertanto, una apertura da parte dei Tribunali specializzati in materia di impresa a concedere misure cautelari volte a inibire, in via temporanea, l’escussione della garanzia MCC, valorizzando la strumentalità della misura rispetto al risanamento e ritenendo che il blocco, limitato nel tempo, preservi la liquidità necessaria senza pregiudicare in modo definitivo i creditori, a condizione però che ricorrano fumus e periculum e che la prospettiva di risanamento sia concreta.
La sospensione di pagamenti ovvero il divieto di escussione di garanzie, possono costituire misure cautelari atipiche, meritevoli di tutela, purché siano strumentali al risanamento dell’impresa, fornendo liquidità temporanea senza pregiudicare in via definitiva i creditori. Inoltre, tale misura deve essere necessaria al fine della composizione negoziata della crisi e comunque deve essere temporanea.
Vi è però un filone seguito dal Tribunale di Milano che nega la possibilità del divieto in contesti diversi dalla composizione negoziata pienamente instaurata. Con pronuncia del 22 giugno 2025, in fase “prenotativa” ex art. 44 CCII (domanda con riserva per l’accesso a uno strumento di regolazione, nel caso un concordato in continuità), il Tribunale di Milano ha escluso che, in quel perimetro, si possano imporre divieti di escussione a banche garantite da SACE/MCC. La ratio è che la cornice protettiva/cautelare tipica di quella fase non legittima un’inibitoria così incisiva sul rapporto tra finanziatore e garante pubblico, mancando il nesso funzionale e il quadro informativo dell’iter negoziale già avviato con l’esperto.
La giurisprudenza milanese recente, inoltre, ha richiamato criteri restrittivi anche quando l’oggetto non è MCC ma garanzie personali: la tutela non è automatica, richiede un bilanciamento concreto tra interesse al risanamento e rischio di depauperamento della garanzia, e non può essere azionata direttamente dai garanti come “misura protettiva” della composizione negoziata, salvo ricorrere agli ordinari strumenti cautelari del rito. Questi arresti non negano in assoluto l’inibitoria, ma ne restringono l’area applicativa