Il panorama delle operazioni straordinarie si arricchisce di nuove precisazioni con il Decreto Legislativo n. 88 del 2025, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 giugno ed entrato in vigore l’8 luglio. Il decreto interviene sul sistema delle fusioni transfrontaliere (tra società con sede nell’Unione europea) e delle fusioni internazionali (tra società con sede extra UE), già disciplinato dal Dlgs. 19/2023, introducendo correttivi e chiarimenti per superare alcune criticità emerse nelle prime applicazioni.
Il decreto interviene soprattutto su due aspetti:
Uno dei punti che più spesso creava incertezze riguardava i documenti da predisporre, soprattutto quando una società italiana veniva incorporata in una estera (o viceversa). Ora il decreto stabilisce con maggiore chiarezza cosa serve, evitando interpretazioni diverse e perdite di tempo. In particolare, vengono semplificati i casi in cui la documentazione estera non sia “perfetta” dal punto di vista formale, ma comunque idonea a garantire la correttezza dell’operazione.
Altro elemento di rilievo è la richiesta di dichiarare se la società coinvolta nella fusione abbia ricevuto benefici o contributi pubblici negli ultimi anni. Questo perché lo Stato e le amministrazioni vogliono assicurarsi che tali risorse non vadano disperse o “delocalizzate” attraverso una fusione oltreconfine. Si tratta di una garanzia per i creditori pubblici e per la corretta destinazione delle risorse.
Una volta accertati i requisiti documentali e chiariti i benefici pubblici ricevuti, il percorso di fusione resta quello già previsto dalla normativa, e lo possiamo immaginare come un cammino in tre step principali.
Si inizia con una fase preparatoria. Qui le società disegnano insieme il progetto di fusione, un documento che deve essere identico per entrambe e che rappresenta la mappa dell’intera operazione. In questa fase gli amministratori spiegano ai soci e ai lavoratori che cosa cambierà, quali saranno i vantaggi e, se previsto, come verranno scambiate azioni o quote tra le società coinvolte.
Quando tutto è pronto, arriva il momento decisivo: i soci si esprimono. La loro approvazione è la spinta che permette di passare alla fase successiva. È a questo punto che interviene il notaio, figura centrale del procedimento italiano. Il suo compito è quello di verificare che ogni passaggio sia stato rispettato e, se non ci sono irregolarità, rilascia un certificato preliminare: un documento che funziona come un semaforo verde, attestando che la strada è libera per proseguire.
L’operazione prende forma concreta con la stipula dell’atto di fusione. Non è però ancora finita: l’ultimo passo spetta di nuovo al notaio – o all’autorità competente del Paese in cui ha sede la società incorporante – che, dopo un controllo finale di legalità, rilascia il certificato definitivo. È questo l’atto che segna il vero traguardo, rendendo la fusione efficace e pienamente valida in tutti gli ordinamenti coinvolti.
Il Dlgs 88/2025 ha semplificato il percorso. Prima, bastava un documento estero redatto in modo non perfettamente conforme per rallentare tutto. Inoltre, la richiesta di dichiarare eventuali agevolazioni o contributi pubblici ricevuti negli anni passati serve a proteggere lo Stato e a evitare che risorse destinate a rafforzare il tessuto economico italiano vengano “trasferite” altrove senza controllo.
Per le imprese, questo significa poter affrontare una fusione internazionale con più tranquillità: le regole sono più chiare, i passaggi più lineari e le tutele più forti. Non spariscono le complessità – un’operazione di fusione resta un cammino impegnativo – ma il sentiero è oggi più specifico e prevedibile.