gruppo di imprese e responsabilità 231 -194
A differenza della qualificazione economica di Gruppo, per cui è possibile parlare di un gruppo di società come di un’entità unica atta a perseguire un fine comune, sotto il profilo giuridico le società per quanto correlate tra loro sono individuabili come entità autonome ed indipendenti, dotate di una propria soggettività giuridica.
Nel panorama normativo la pluralità delle componenti di tale “complesso imprenditoriale” diviene un ostacolo nel processo d’individuazione del “soggetto” giuridicamente imputabile ai sensi del d.lgs n. 231/2001 (Decreto 231), cioè del centro d’imputazione nei rapporti infragruppo a cui poter collegare un giudizio di responsabilità.
In altre parole, mentre il gruppo di imprese non potrà essere considerato il diretto destinatario della responsabilità da reato prevista e disciplinata dal Decreto 231 (“D.Lgs. 231/2001”), potranno però essere considerate responsabili le singole società che del gruppo fanno parte, in modo individuale, per i reati commessi dal personale apicale o sottoposto, laddove tali reati siano stati commessi nell’interesse o vantaggio della società stessa.
Seppur la distanza che intercorre fra le attività aziendali ed i vertici decisionali rende più difficile l’accertamento della responsabilità di questi ultimi, deve comunque essere esclusa un’automatica assunzione della posizione di garanzia ex art. 40, comma 2, c.p. da parte della società controllante (nell’ambito della responsabilità cd. ascendente).
Holding e controllate non saranno mai imputabili solo in ragione della loro mera appartenenza al Gruppo, ma è possibile l’estensione della colpevolezza per la commissione di reati previsti dal Decreto 231 a più società del Gruppo qualora nella realizzazione del delitto presupposto vi sia stato un concorso tra soggetti (apicali o subordinati ex art. 6 e 7 del d.lgs n. 231/2001), i cui intenti per natura identici (prefigurazione di un interesse o vantaggio a favore dell’ente), si differenziano per la diversificazione dei destinatari (diverse società del Gruppo).
Ne consegue che sia la capogruppo che le singole società controllate, al fine di godere della deresponsabilizzazione per i delitti commessi dal soggetto apicale o sottoposto, devono fornire elementi probatori tramite i quali dimostrare di avere attuato in via preventiva una politica repressiva delle condotte delittuose perseguibili nel proprio e singolare contesto societario.
In tal caso elemento dirimente è la prova della stesura di un Modello Organizzativo ex d.lgs n. 231/2001 nel quale siano riportate le policy etiche ed organizzative consone rispetto alla realtà imprenditoriale di cui la “singola” holding o controllata è protagonista.
L’idoneità di tale esimente soggiace ad un’implementazione “individualizzata” del Modello Organizzativo progettato in funzione dei sistemi gestionali dell’impresa.
Pertanto, come confermato dalla giurisprudenza e dalla linee guida di Confindustria, priva di efficacia si appalesa l’adozione di un Modello Organizzativo “comunitario” di Gruppo, in quanto la pluralità dei contesti, attività ed operazioni delle sue “componenti” non permetterebbe di stilare una programmazione concretamente repressiva dell’illiceità previste dal Decreto 231, ma determinerebbe una mera omologazione ideologica di pratiche generiche e di scarsa valenza preventiva in relazione al compimento dei reati presupposto.
Secondo le linee guida redatte da Confindustria, le holding possono essere ritenute responsabili per il reato commesso nell’attività della controllata soltanto se:
Secondo Confindustria, segnali di una possibile trasmissione della responsabilità, sia in senso ascendente che discendente, possono derivare dalla coincidenza o parziale coincidenza tra i membri dell’organo di gestione della holding e quelli della controllata (cd. interlocking directorates) o più in generale tra gli apicali delle società, o ancora dall’emanazione di direttive penalmente illegittime da parte della controllante o dal mancato rispetto dell’autonomia gestoria della controllata.
In altre parole, si delinea una responsabilità anche in capo alla società capogruppo qualora i soggetti apicali della stessa dovessero prendere parte alla gestione della controllata rendendo, di fatto, solo apparente l’autonomia organizzativa-giuridica della controllata.
Ne consegue, pertanto, che l’unico strumento per evitare il rischio di “diffusione” della responsabilità all’intero del gruppo societario è costituito dalla redazione, da parte di ogni singola società del gruppo, di modelli organizzativi autonomi ed idonei a prevenire i reati-presupposto nel contesto aziendale.
La capogruppo potrà fornire indicazioni e modalità operative che consentano di avere un miglior coordinamento e maggior coerenza nell’intero assetto organizzativo del gruppo senza, per questo, limitare l’autonomia delle singole controllate.
Ad esempio il processo di mappatura dei rischi (cd. risk assessment) dovrà essere svolto separatamente per ciascuna società, ciò al fine di implementare un Modello che preveda misure di prevenzione efficaci e specifiche rispetto alla singola realtà aziendale di riferimento. Questo approccio, oltre a garantire un adeguato controllo dei rischi, conferma l’autonomia di scelta della singola società evidenziando l’assenza di un’influenza dominante da parte della controllante.
Inoltre, al fine di ridurre il rischio di diffusione della responsabilità amministrativa degli enti all’interno del gruppo appare opportuno che ogni società si doti di un proprio Organismo di Vigilanza interno alla singola entità con autonomi poteri di iniziativa e controllo, e che i ruoli apicali non siano ricoperti dai medesimi soggetti nell’ambito di più società all’interno del gruppo, in modo da ridurre al minimo la possibilità di “contaminazioni” che potrebbero avvalorare la tesi del concorso dei vertici di più società del gruppo nella commissione del reato presupposto.
In merito alla struttura del Modello 231, fermo restando quanto già affermato sulla necessità di predisporre Modelli separati per ciascuna società del gruppo, è necessario precisare che le best practice di settore suggeriscono che il Modello della controllante tenga pur sempre conto dei processi trasversali delle diverse società del gruppo nonché delle attività destinate a confluire in documenti unitari. È inoltre opportuno che la controllante, nel proprio Modello organizzativo, delinei regole volte a garantire la correttezza e la trasparenza nei rapporti con le controllate, definendo in modo chiaro le modalità di esercizio delle attività di direzione e coordinamento, formalizzandole attraverso comunicazioni ufficiali, in modo che possano essere all’occorrenza ricostruite.
Inoltre la capogruppo, sempre nel rispetto delle singole autonomie ed al fine di garantire una maggiore trasparenza nella gestione dei rapporti tra le singole realtà aziendali, nei confronti delle società controllate può:
Sebbene tali indicazioni non forniscano un rischio zero, risultano, se attivamente adottate, dirimenti per la riduzione del rischio di “risalita” o di “diffusione” della responsabilità 231 della controllata nei confronti della capogruppo o delle altre controllate.