L’istituto della transazione fiscale è finalizzato al recupero di crediti tributari e previdenziali, anche parziale, attivabile nell’ambito della procedura di concordato preventivo o in relazione agli accordi di ristrutturazione dei debiti, al fine di consentire il migliore soddisfacimento degli enti creditori favorendo, allo stesso tempo, la rimozione dello stato di crisi dell’impresa debitrice.
Sebbene la riforma del 2017 abbia sostituito la rubrica dell’art. 182-ter (ora denominato “Trattamento dei crediti tributari e contributivi”) si mantiene l’utilizzo dell’espressione “transazione fiscale” per sottolineare la finalità deflattiva della pretesa erariale cui mira l’istituto.
La transazione fiscale è uno strumento alternativo ai tradizionali istituti deflattivi del contenzioso tributario (accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, definizione delle liti pendenti) fondata sul presupposto dell’incapacità del contribuente di pagare, in condizioni normali, i propri debiti tributari, indipendentemente dal fatto che si tratti, o meno, di somme pacificamente dovute e con lo scopo di soddisfare il Fisco nella misura più elevata possibile, con una soluzione preferibile alla liquidazione giudiziale – fallimentare.
Nell’ottica di efficientamento delle risorse residue del debitore fallibile, la transazione fiscale punta alla falcidia del debito, garantendo al Fisco un’entrata certa, seppur inferiore alle somme accertate. Tale soluzione è ovviamente osteggiata dall’Amministrazione Finanziaria che preferisce, a certe condizioni, la concessione di una maxi-dilazione del debito.
Gli Uffici finanziari, inoltre, sono chiamati a valutare concretamente la convenienza della proposta di transazione fiscale formulata dall’impresa debitrice: si tratta quindi di comparare l’importo che il Fisco può percepire in tempi certi in base alla proposta oppure, quello di presumibile realizzo, mediante la liquidazione dei beni dell’impresa, tenuto conto delle legittime cause di prelazione.
Le ipotesi di diniego della proposta, tuttavia, sono frequenti e sarebbe auspicabile un approccio pratico dell’Amministrazione Finanziaria, secondo il principio di buon andamento della P.A. dettato dall’art. 97 Costituzione, consentendo la dilazione pluridecennale o la falcidia del debito.
Il nuovo Codice della Crisi di impresa ha iniziato un percorso di riforma dell’istituto con l’obiettivo, tra gli altri, di evitare il contenzioso avverso il diniego della transazione fiscale.
Tuttavia i tempi di entrata in vigore sono stati posticipati al 1° settembre 2021, con il rischio di conseguenze irreversibili per le imprese, già in stato di crisi a causa dell’attuale emergenza economico-sanitaria che, invero, avrebbe dovuto suggerire la conferma del 14 agosto 2020, data originariamente prevista per l’entrata in vigore.
Alla transazione fiscale possono ricorrere le persone fisiche o giuridiche assoggettabili al fallimento, con esclusione dei piccoli imprenditori (per i quali, ai sensi dell’art. 1 Legge fallimentare, non è dichiarabile il fallimento per mancato superamento delle soglie ivi previste) nonché degli istituti di credito e delle imprese di grandi dimensioni in stato di insolvenza ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria disciplinata dalla Legge n. 270/1999.
Presupposto necessario per l’accesso alla transazione fiscale è la sussistenza di uno stato di crisi, inteso come incapacità del debitore di adempiere regolarmente e tempestivamente le proprie obbligazioni, indipendentemente dal fatto che tale insolvenza sia divenuta o meno irreversibile.
Non è altresì escluso che la transazione fiscale sia utilizzabile in presenza di uno stato di insolvenza irreversibile posto che, anche in presenza di tale situazione, l’attività dell’imprenditore insolvente può proseguire, seppure in forma indiretta, attraverso il subentro di un altro soggetto o con altri accorgimenti, quali, ad esempio, quello di evitare forme e tempi di pagamento non convenienti per il Fisco e non compatibili con la stato di decozione dell’impresa.
Costituiscono l’oggetto della transazione fiscale i tributi e i relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali (Agenzia delle Entrate, Agenzia delle dogane e Agenzia del Demanio) e i contributi amministrati dagli enti di previdenza e assistenza obbligatorie.
Conseguentemente i tributi che possono rientrare nella proposta di trattamento dei crediti tributari e contributivi sono, a titolo esemplificativo, e non esaustivo: IRPEF, IRES, IRAP, IVA, imposta di registro, ipotecaria, catastale, su successioni, donazioni etc.; tra i contributi amministrati dai gestori di previdenza e assistenza obbligatoria sono inclusi i contributi INPS e INAIL.
La proposta di transazione fiscale può riguardare anche gli accessori relativi al tributo, quali gli interessi e le indennità di mora, nonché le sanzioni amministrative pecuniarie.
Per gli imprenditori in stato di crisi, soprattutto nel periodo post Covid 19, diviene fondamentale cercare di definire i rapporti con il Fisco e con gli Enti previdenziali in quanto i crediti tributari e contributivi, spesso, assumono dimensioni assai gravosi per le imprese.
Appare evidente che la possibilità di “negoziare” la pretesa erariale, tramite l’omologazione della transazione fiscale, apporta all’impresa dei benefici potenzialmente decisivi per la riuscita di molti concordati e accordi di ristrutturazione dei debiti, il cui debito fiscale rappresenta un percentuale decisiva delle singole posizioni.
Ricordiamo a tal proposito che la transazione fiscale riguarda non solo i tributi già iscritti a ruolo, ma anche quelli per i quali l’iscrizione a ruolo non è stata ancora effettuata, riscontrati sulla base delle dichiarazioni fiscali presentate, ovvero le imposte, le sanzioni e gli interessi derivanti da avvisi di accertamento, avvisi di liquidazione, atti di recupero, atti di irrogazione sanzioni e anche da processi verbali di constatazione.
La rideterminazione del quantum della pretesa tributaria e previdenziale, con il pagamento mediante piani di rateizzazione pluriennali, darebbe ossigeno alle imprese proprio nel contesto attuale di illiquidità finanziaria, accentuato dall’emergenza economica post Covid 19, al fine di evitare le procedure di liquidazione e tutelare il tessuto occupazionale ed economico.
In questo senso, si potrebbero introdurre nuovi benefici per le imprese, quali ad esempio la falcidia dei debiti tributari e contributivi, almeno nella parte relativa a sanzioni e interessi di mora, per causa di forza maggiore e impossibilità sopravvenuta ad adempiere derivanti dall’emergenza economica e sanitaria.
Le opportunità del nuovo Codice della crisi d’impresa.
Con la transazione fiscale il Legislatore ha inteso cogliere la vantaggiosità di una collaborazione tra debitore e creditore, rispetto ai limiti delle procedure esecutive e coattive.
Tra le novità più rilevanti introdotte dal nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza vi è quella prevista dall’art. 48, comma 5, secondo il quale la transazione fiscale può produrre effetto anche senza il parere favorevole del Fisco. E’ previsto infatti che il Tribunale possa omologare gli accordi di ristrutturazione dei debiti, entro sessanta giorni dalla presentazione della proposta formulata dal debitore, anche in mancanza di adesione dell’Amministrazione Finanziaria alle proposte di transazione fiscale, quando: a) l’adesione è decisiva per il raggiungimento del 60% dei crediti necessario per l’omologa degli accordi stessi; b) il soddisfacimento dei crediti fiscali sia più conveniente di quello derivante dall’alternativa liquidazione.
Le novità più importanti previste dal nuovo Codice della crisi d’impresa, ivi incluse le norme che consentono la definizione della transazione fiscale in 60 giorni (ora 90 gg. secondo il nuovo decreto correttivo all’esame del Parlamento) entreranno in vigore dal 1° settembre 2021, con una sostanziale sterilizzazione della ratio ispiratrice della riforma, in un contesto nel quale sarebbe quanto mai opportuno sanare le partite di debito e dare respiro alle imprese.
Maggiore collaborazione tra Fisco e contribuente
Nello schema di modifica al Codice della Crisi d’impresa viene estesa la definizione rapida senza adesione del creditore, alle ipotesi di transazione fiscale connesse al concordato preventivo. Inoltre vengono estesi anche agli enti di previdenza e assistenza obbligatoria (ad es. INPS, INAIL) gli effetti della transazione fiscale in caso di silenzio dell’ente titolare del credito.
Appare evidente che le imprese non possono aspettare, per circa un anno, l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’impresa.
Nel frattempo è auspicabile una maggiore apertura delle agenzie fiscali e degli enti previdenziali nella valutazione delle proposte di transazione, al fine di equilibrare gli interessi erariali con i margini di liquidità dell’impresa debitrice senza trascurare, da ultimo, gli interessi degli altri creditori coinvolti nel tentativo di composizione della crisi, i quali sarebbero stralciati da un eventuale liquidazione fallimentare che, al più, potrebbe soddisfare parzialmente e in tempi incerti soltanto i creditori privilegiati come il Fisco.
Si ritiene necessario, pertanto, un approccio concreto di tutte le parti coinvolte nella transazione fiscale, evitando, in particolare, le inutili resistenze del Fisco, perché il rimedio adottabile avverso eventuali ingiustificati rigetti è di scarsa utilità pratica. Esso è costituito dall’impugnazione del rigetto della proposta di transazione fiscale dinanzi al Giudice Tributario che, normalmente, si pronuncia in via definitiva dopo diversi anni, né è facile ipotizzare una sospensione del procedimento di approvazione del concordato, con il rischio altissimo di pronuncia di inammissibilità della proposta di concordato da parte del Tribunale per mancato raggiungimento della maggioranza di legge.
Un’ulteriore ragione, quella appena esposta, per anticipare gli effetti sostanziali del nuovo Codice della crisi d’impresa e insistere sul percorso della collaborazione tra creditore e debitore, già tracciato dal Legislatore, al fine di ottenere tramite la transazione fiscale il massimo risultato possibile per entrambe le parti.
Infatti, in un momento come questo, l’elasticità della pretesa tributaria, nel momento di evidente crisi liquidatoria, dovuta anche ad un’ impossibilità sopravvenuta, in un’ottica di collaborazione tra Fisco e contribuente, consentirebbe alle imprese in crisi di contemperare l’interesse pubblico della continuità aziendale, quale finalità precipua dell’istituto, evitando il fallimento, con conseguente perdita di livelli occupazionali ed economici, oltre che di entrate.