1. Premessa
Nell’ambito del diritto italiano, le concessioni balneari sono state oggetto di una articolata disciplina per ciò che riguarda le competenze, le procedure e i criteri per la determinazione dei canoni.
Sin dal 1990 la normativa italiana ha manifestato la tendenza a privilegiare la stabilità dei rapporti concessori aventi ad oggetto il diritto di sfruttamento, per finalità turistico-ricreative, del demanio marittimo e lacuale.
Tale sistema non concorrenziale è stato oggetto di censure anche da parte della Corte Costituzionale la quale ha statuito che «il rinnovo o la proroga automatica delle concessioni viola l’art. 117, comma 1, Cost., per contrasto con i vincoli determinati dall’ordinamento comunitario in tema di libertà di stabilimento e di tutela della concorrenza, determinando altresì una disparità di trattamento tra operatori economici, in violazione dell’art. 117, comma 2, lett, e), dal momento che coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo non hanno la possibilità, alla scadenza della concessione, di prendere il posto del vecchio gestore se non nel caso in cui questi non chieda la proroga o la chieda senza un valido programma di investimenti…….Il rinnovo o la proroga automatica della concessione, al contempo, impedisce l’ingresso di altri potenziali operatori economici nel mercato, ponendo barriere all’ingresso, tali da alterare la concorrenza» (cfr. Corte Cost., 4 luglio 2013, n. 171, in Giur. Cost., 2013, 4, 2536.
La disciplina nazionale relativa alle concessioni demaniali marittime è stata, poi, oggetto di censure anche da parte della Commissione Europea, la qualche con diverse procedure di infrazione, ha espresso dubbi in merito alla compatibilità del predetto regime con il principio di libertà di stabilimento, poiché la preferenza accordata dalla normativa interna al concessionario uscente rende, se non impossibile, certamente oltremodo difficile per le imprese provenienti da altri Stati membri concorrere per l’assegnazione del bene demaniale.
Dunque, il legislatore italiano ha abrogato la norma del codice della navigazione che prevedeva il c.d. diritto di insistenza e ha contestualmente disposto in via transitoria, la proroga ex lege di tutte le concessioni demaniali marittime, per uso turistico-ricreativo, esistenti.
La Commissione Europea, quindi, ha ritenuto anche i suddetti correttivi sostanzialmente elusivi dei precetti europei e ne ha denunciato la contrarietà all’art. 12 della direttiva 2006/123/CE e all’art. 49 TFUE.
Dopo quest’ulteriore intervento della Commissione Europea, il legislatore nazionale ha conferito al Governo la delega ad emanare, entro il 17 aprile 2013, un decreto legislativo, avente ad oggetto la revisione ed il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime.
Tuttavia, la riforma del settore non è stata approvata né prima né dopo il termine del 17 aprile 2013.
Nelle more, però, la proroga automatica e generalizzata delle concessioni demaniali è stata estesa sino al 31 dicembre 2020 (in forza dell’art. 34, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge 17 dicembre 2012, n. 221).
Con l’art. 1, commi 682 e 683, della legge n. 145 del 2018, poi, l’efficacia delle concessioni demaniali marittime è stata prorogata sino al 31 Dicembre 2033.
L’art. 182, comma 2, del Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, coordinato con legge di conversione del 17 luglio 2020, n. 77, infine, ha previsto che “le amministrazioni competenti non possono avviare o proseguire, a carico dei concessionari che intendono proseguire la propria attività mediante l’uso di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale, i procedimenti amministrativi per la devoluzione delle opere non amovibili, di cui all’articolo 49 del codice della navigazione, per il rilascio o per l’assegnazione, con procedure di evidenza pubblica, delle aree oggetto di concessione” alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.
Di recente, sullo spinoso tema in argomento è stato chiamato a pronunciarsi il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria.
In particolare, l’esame del giudice amministrativo ha avuto ad oggetto principalmente la verifica della doverosità o meno della disapplicazione da parte dello Stato delle leggi statali o regionali che prevedano proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative.
2. I principi di diritto enunciati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
Con le sentenze nn. 17-18 del 9 Novembre 2021, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha enunciato i seguenti principi di diritto:
1. Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19 dall’art. 182, comma 2, d.l. n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020 – sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE. Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione.
2. Ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. (e anche nei casi in cui tali siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari. Non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. in quanto l’effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata. La non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell’effetto legale di proroga adottato dalla P.A. o l’esistenza di un giudicato. Venendo in rilievo un rapporto di durata, infatti, anche il giudicato è comunque esposto all’incidenza delle sopravvenienze e non attribuisce un diritto alla continuazione del rapporto.
3. Al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste e, altresì, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E.
3. Sulla necessità di esperire le procedure ad evidenza pubblica
In sostanza, l’Adunanza Plenaria ha riaffermato il principio secondo cui il diritto dell’Unione impone che il rilascio o il rinnovo delle concessioni demaniali marittime (o lacuali o fluviali) avvenga all’esito di una procedura di evidenza pubblica, con conseguente incompatibilità della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica ex lege fino al 31 dicembre 2033 delle concessioni in essere.
Tale incompatibilità sussiste sia rispetto all’art. 49 TFUE, sia rispetto all’art 12 della c.d. direttiva servizi.
Per quanto riguarda l’applicabilità dell’art. 49 TFUE, l’Adunanza plenaria ha richiamato gli orientamenti già espressi sul punto dalla Corte di giustizia Europea la quale ha chiarito che qualsiasi atto dello Stato che stabilisce le condizioni alle quali è subordinata la prestazione di un’attività economica sia tenuto a rispettare i principi fondamentali del trattato e, in particolare, i principi di non discriminazione in base alla nazionalità e di parità di trattamento, nonché l’obbligo di trasparenza che ne deriva. Peranto, detto obbligo di trasparenza impone all’autorità concedente di assicurare, a favore di ogni potenziale offerente, un “adeguato livello di pubblicità” che consenta l’apertura del relativo mercato alla concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle relative procedure di aggiudicazione.
L’obbligo di evidenza pubblica discende, comunque, anche dall’applicazione dell’art. 12 della c.d. direttiva 2006/123 la quale è direttamente applicabile alle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative.
In tal senso, già la Corte di giustizia con la sentenza Promoimpresa del 2016 si era espressa chiaramente, demandando al giudice nazionale solo il compito di accertare il requisito della scarsità della risorsa naturale.
Orbene, le spiagge sono beni naturali il cui numero è ontologicamente limitato in ragione della scarsità delle risorse naturali (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 febbraio 2021, n. 1416).
Dunque, le concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative hanno come oggetto un bene/servizio limitato nel numero e nell’estensione.
Proprio a causa della scarsità delle risorse naturali, la spiaggia è un bene pubblico demaniale (art. 822 c.c.) e perciò inalienabile e impossibilitato a formare oggetto di diritti a favore di terzi (art. 823 c.c.), sicché proprio la limitatezza nel numero e nell’estensione, oltre che la natura prettamente economica della gestione (fonte di indiscussi guadagni), giustifica il ricorso a procedure comparative per l’assegnazione.
4. Sull’incompatibilità della moratoria emergenziale con il diritto dell’Unione Europea
L’Adunanza Plenaria ha stabilito anche l’assenza di una ragionevole connessione tra la proroga delle concessioni in esame e le conseguenze economiche della pandemia e ha, quindi, statuito l’incompatibilità con la normativa europea dell’art. 182, comma 2, del Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, coordinato con legge di conversione del 17 luglio 2020, n. 77.
5. Sull’obbligo in capo alla Pubblica Amministrazione di disapplicare la legge nazionale in contrasto con la normativa europea in capo alla Pubblica Amministrazione
L’Adunanza Plenaria ha stabilito anche l’obbligo in capo alla Pubblica Amministrazione di non applicare la legge contraria alla normativa europea.
Diversamente opinando, si autorizzerebbe di fatto la Pubblica Amministrazione ad adottare atti amministrativi illegittimi per violazione del diritto dell’Unione, destinati ad essere annullati in sede giurisdizionale, con grave compromissione del principio di legalità.
6. Autotutela e giudicato
L’Adunanza plenaria ha ritenuto, infine, che l’incompatibilità della legge nazionale che ha disposto la proroga ex lege delle concessioni demaniali con la normativa europea produce come effetto, anche nei casi in cui siano stati adottati formali atti di proroga e nei casi in cui sia intervenuto un giudicato favorevole, il venir meno degli effetti della concessione, in conseguenza della non applicazione della disciplina interna.
7. Gli effetti della pronuncia
L’Adunanza plenaria, giustamente consapevole della portata nomofilattica della decisione in esame, nonché della necessità di assicurare alle amministrazioni un ragionevole lasso di tempo per intraprendere le operazioni funzionali all’indizione di procedure di gara, oltre che degli effetti ad ampio spettro che inevitabilmente deriveranno su una moltitudine di rapporti concessori, ha ritienuto che l’operatività dei principi stabiliti dalle decisioni in esame possa essere individuato al 31 dicembre 2023.
Scaduto tale termine, però, tutte le concessioni demaniali in essere dovranno considerarsi prive di effetto, indipendentemente da se vi sia –o meno- un soggetto subentrante nella concessione.
Eventuali proroghe legislative del termine così individuato (al pari di ogni disciplina comunque diretta a eludere gli obblighi comunitari) dovranno naturalmente considerarsi in contrasto con il diritto dell’Unione e, pertanto, immediatamente non applicabili ad opera non solo del giudice, ma di qualsiasi organo amministrativo, doverosamente legittimato a considerare, da quel momento, tamquam non esset le concessioni in essere.
Gli effetti di tali pronounce sono molto rilevanti, atteso che i comuni marittimi, da una parte, dovranno indire le procedure di evidenza pubblica entro il 31 dicembre 2023, e, dall’altra, dovranno risolvere la problematica dell’indennizzabilità degli attuali soggetti concessionari.