Il “reverse charge” è un metodo di applicazione dell’IVA che permette di effettuare l’inversione contabile dell’imposta sul destinatario della prestazione, invece che sul cedente. Di norma, colui che fornisce il servizio applica l’aliquota in fattura, addebitando il pagamento al cliente e poi cedendo la somma allo Stato. La criticità fondamentale di questo sistema risiede nella possibilità di evasione fiscale da parte dei produttori, che tratterrebbero con regolarità l’IVA invece di versarla.
Attraverso il metodo reverse charge, è l’utilizzatore del servizio a dover emettere un’autofattura da inserire nel registro di quelle emesse e degli acquisti. Egli quindi pagherebbe l’IVA in luogo del fornitore, per poi detrarla. In alternativa, l’acquirente deve semplicemente integrare un documento già esistente, aggiungendo l’imposta in base all’aliquota di appartenenza.
L’annotazione della fattura su entrambi i registri consente di neutralizzare dal punto di vista contabile l’operazione senza che l’esborso sia effettivo. L’IVA quindi non viene corrisposta materialmente allo Stato da nessuno dei due soggetti, al netto di detrazioni sussistenti. L’Erario ha in ogni caso molto più controllo sugli adempimenti da parte delle imprese attraverso il reverse charge, evitando contemporaneamente che l’acquirente detragga l’imposta anche in mancanza di versamento da parte del fornitore.
Questo regime si applica alle cessioni di bene e prestazioni di servizi effettuate nei confronti di enti pubblici e privati, consorzi, associazioni, anche qualora agissero al di fuori di attività commerciali o agricole. Inoltre, è utilizzabile anche in caso di cessioni imponibili di oro da investimento, acquisti di gas naturale tramite la rete di distribuzione ed energia elettrica.
In questi anni, il metodo è stato applicato in settori dove sono molto più frequenti i fenomeni di evasione. Quelli più rilevanti sono: l’edilizia, i prodotti elettronici ceduti durante la fase distributiva e non al dettaglio, l’oro, i rottami, il gas – l’energia (escluso il GPL) e i consorzi (subordinati ad autorizzazione da parte dell’UE).