1.Introduzione
La delega di gestione rappresenta uno strumento diffuso nella prassi societaria grazie al quale si riesce ad assicurare una più efficiente organizzazione della società e a far fronte ad esigenze imprenditoriali, con la previsione di soggetti che, a fronte dell’ampiezza delle attività, sono in grado di compiere scelte operative tempestive e strategiche.
L’art. 2381 c.c. riserva la delega di poteri a soggetti già facenti parte dell’organo amministrativo, ma ciò non esclude la possibilità per gli amministratori d’attribuire a terzi una procura per la gestione e il perseguimento dell’attività d’impresa. Tale potere incontra tuttavia dei limiti.
Con la recentissima sentenza del 3 agosto 2022, n. 24068, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema della legittimità di una delega di gestione di carattere generale compiuta dall’amministratore di una società per azioni verso un soggetto privo di funzioni all’interno del Consiglio di amministrazione, censurandone la legittimità.
La Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: “All’amministratore di una società per azioni non è consentito delegare a un terzo poteri che, per vastità dell’oggetto, entità economica, assenza di precise prescrizioni preventive, di procedure di verifiche in costanza di mandato, facciano assumere al delegato la gestione dell’impresa e/o il potere di compiere le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale, di esclusiva spettanza degli amministratori”.
La Corte fonda la sua decisione sull’art. 2380 bis c.c., secondo cui “La gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”, nonché sull’art. 2381 c.c., che sottopone i soggetti delegati, da scegliere necessariamente tra gli amministratori, a limiti e modalità di esercizio della delega.
Dunque, l’intento del legislatore è quello d’impedire cristallizzazioni di potere, tali da esautorare o perlomeno limitare strutturalmente la fisiologia della gestione societaria.
L’amministratore non può spogliarsi dei suoi poteri, ai quali corrispondono i doveri derivanti dal ruolo, delegando a terzi d’amministrare la società, così aggirando le norme o, comunque, rendendo difficili verifiche, controlli e direttive.
Quanto sopra non impedisce all’amministratore di delegare a un terzo il compimento di uno o più atti o lo svolgimento d’una attività, purché attraverso la delega – per ampiezza, rilievo economico e durata nel tempo – non si attui un surrogato del potere d’amministrare la società, assegnato dalla legge esclusivamente agli amministratori, i quali dell’esercizio di un tale potere sono chiamati a rispondere alla società.
In conclusione, la Corte ha dunque ritenuto illegittima una delega di gestione di carattere generale che per vastità dell’oggetto, entità economica, assenza di precise prescrizioni preventive e assenza di procedure di verifiche in costanza di mandato, ha determinato l’esclusione dell’esercizio del potere di gestione da parte dell’organo amministrativo.
2.Considerazioni conclusive
La sentenza della Corte Suprema in commento, sebbene affronti un caso “limite”, costituisce un’importante “guida”, certamente di natura più restrittiva rispetto ai precedenti arresti, per quegli amministratori di società che intendono conferire procure a soggetti privi di funzioni societarie, in modo da evitare che tali deleghe prevedano eccessivi spazi di autonomia decisionale, tali da esautorare il consiglio di amministrazione dalle proprie attribuzioni.
Si raccomanda, in definiva, che il rilascio di procure “ad negotia” da parte dell’organo amministrativo venga sempre circostanziato in relazione all’oggetto, all’entità economica, nonché alla previsione di precise prescrizioni preventive.