La Legge di Bilancio 2021 ha prorogato ulteriormente il blocco dei licenziamenti che attualmente è in vigore fino al 31 marzo 2021.
Il blocco dei licenziamenti è stato introdotto dal Decreto “Cura Italia”, ed è in vigore dal 17 marzo 2020.
Il contenuto del blocco – con la proroga della Legge di Bilancio – è rimasto sostanzialmente invariato e quindi riguarda tutte le aziende, a prescindere dai requisiti dimensionali, e tutti i licenziamenti, sia individuali che collettivi, per ragioni economiche.
Sono rimaste in vigore, anche, le tre eccezioni (comma 3 dell’art. 14 del Decreto “Cura Italia”), che riguardano la possibilità di licenziare, nel caso di:
Cosa prevedono gli accordi sindacali?
In sostanza, un piano di cosiddetta “mobilità volontaria”.
L’Azienda, quindi, indica quali sono le ragioni per le quali procede a tali licenziamenti, quali sono i reparti e la tipologia dei lavoratori interessati (punto di riferimento ispiratore l’art. 24-bis del D.L.vo n. 148/2015).
Questo perché?
Perché il Decreto prevede che l’adesione da parte dei lavoratori sia volontaria.
L’azienda indica quali sono gli esuberi che ha riscontrato e i lavoratori che rientrano in quelle categorie indicate nell’accordo, i quali possono aderire con un’uscita incentivata.
Perché l’Azienda dovrebbe ricorrere a questo tipo di accordo?
La risoluzione del rapporto avverrebbe non per licenziamento ma consensualmente, e questo farebbe venir meno l’obbligo reciproco di preavviso, nonché una diminuzione del rischio di contenzioso, attesa la risoluzione su base volontaria, ossia senza contestazione da parte del lavoratore.
Inoltre, il lavoratore, sempre per espressa previsione normativa, accede alla NASPI, nonostante la risoluzione avvenga in via consensuale, e il ticket Naspi per l’Azienda è ridotto al minimo, ossia a quello previsto in caso di licenziamento.
Come stipulare tali accordi?
È necessario che l’accordo collettivo aziendale di cui abbiamo detto venga redatto in maniera approfondita e attenta, tenendo conto di tutte le criticità del caso, al fine di evitare contestazioni successive che determinerebbero la nullità dell’accordo stesso, e di conseguenza l’illegittimità del licenziamento, o dei licenziamenti.
Questioni tecniche
Il termine “licenziamenti” non viene mai citato, si parla di “incentivo all’esodo”: di conseguenza, l’accordo aziendale dovrà, a nostro avviso, stabilire sia il “quantum” (magari correlato al profilo professionale ed all’anzianità aziendale) che i tempi di adesione entro il quale i singoli lavoratori potranno manifestare la loro “placet”.
Qui si pone una prima questione che non è stata “sfiorata” dal Legislatore: l’accordo aziendale va depositato, telematicamente, al Ministero del Lavoro entro trenta giorni dalla sottoscrizione secondo la previsione contenuta nell’art. 14 del D.L.vo n. 151/2015?
Quest’ultimo stabilisce che “i benefici contributivi o fiscali e le altre agevolazioni connesse con la stipula di contratti aziendali o territoriali sono riconosciuti” previo deposito presso il Dicastero che li mette a disposizione, con le medesime modalità, delle altre Amministrazioni ed Enti Pubblici interessati. Orbene, benefici contributivi e fiscali non ci sono, mentre ci sono le “altre agevolazioni” che scaturiscono dal fatto che, solo in virtù della stipula di accordi collettivi aziendali che presentano tali caratteristiche (ci riferiamo anche alla legittimazione alla stipula riconosciuta soltanto alle sigle sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale), è possibile, per i lavoratori interessati, fruire dell’indennità di disoccupazione in caso di risoluzione consensuale, altrimenti non dovuta. A nostro avviso, il deposito dovrebbe essere previsto, anche per controllare, anche a campione, se le risoluzioni consensuali “portatrici di NASPI” sono frutto di accordi collettivi legittimi.
Accordi individuali
La norma non fa, neanche, riferimento alla necessità di riportare, con i singoli dipendenti, i contenuti in accordi individuali da firmare in “sede protetta” ex artt. 410 o 411 cpc: riteniamo che questa sia una strada che i datori di lavoro dovrebbero percorrere anche per chiudere tutte le pendenze che afferiscono all’intercorso rapporto.
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Da ultimo, nelle imprese con un organico superiore alle 15 unità, non è possibile aprire una procedura collettiva di riduzione di personale, perché la norma non lo consente: tuttavia, con le risoluzioni consensuali (che non sono recessi) si potrà andare ben oltre le cinque unità in 120 giorni.
A cura dell’Avv. Graziana Morina