La cessione d’azienda condizionata nella Composizione Negoziata della Crisi si è affermata come uno strumento dinamico e fondamentale nel panorama del diritto concorsuale italiano, riflettendo un profondo cambiamento di paradigma da un approccio reattivo a uno proattivo nella gestione delle crisi d’impresa. L’introduzione della CNC mira a facilitare il risanamento aziendale in fasi precoci di squilibrio, prima che l’insolvenza diventi irreversibile, promuovendo soluzioni negoziate e stragiudiziali.
Il ruolo centrale dell’esperto indipendente, che agisce come facilitatore, validatore e persino “market maker” nelle trattative, è cruciale per il successo di queste operazioni. La sua capacità di guidare la cessione d’azienda, anche in presenza di insolvenza reversibile, e di interagire con il Tribunale per l’ottenimento delle necessarie autorizzazioni, è un pilastro del sistema.
L’articolo 22, comma 1, lettera d) del CCII, che consente la deroga alla responsabilità solidale dell’acquirente per i debiti pregressi (articolo 2560 c.c.), rappresenta un incentivo potente per attrarre investitori e facilitare l’acquisizione di aziende in difficoltà. Questa disposizione, unita alla stabilità conferita dall’articolo 24 CCII, crea un “porto sicuro” per gli acquirenti, isolandoli dalle passività passate e proteggendo l’azienda da future contestazioni concorsuali.
La giurisprudenza emergente – in particolare i decreti emessi dal Tribunale di Perugia (1° aprile 2025) e dal Tribunale di Torino (27 febbraio 2025) – chiamati a pronunciarsi sull’autorizzazione alla cessione di un ramo d’azienda nell’ambito della composizione negoziata della crisi d’impresa ai sensi dell’art. 22 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), hanno affermato che la funzionalità dell’operazione rispetto alla continuità aziendale può ritenersi sussistente quando la cessione consente di evitare la dispersione definitiva del valore aziendale e l’aggravarsi delle perdite.
Con riferimento all’espressione «miglior soddisfazione dei creditori», richiamata dall’art. 10 del D.L. n. 118/2021 e ora recepita nell’art. 22 CCII, il Tribunale di Torino ha richiamato il precedente del Tribunale di Parma del 4 novembre 2022, sostenendo che tale concetto va interpretato alla luce delle finalità della composizione negoziata e degli artt. 186-bis e 182-quinquies l.f. In questo contesto, assume rilievo centrale l’esistenza di un progetto di risanamento, sviluppato attraverso trattative concrete, che sia ragionevolmente idoneo a superare lo squilibrio economico-finanziario di cui all’art. 2, comma 1, del D.L. n. 118/2021.
Sulla base di tali considerazioni, il Tribunale ha autorizzato la cessione del ramo d’azienda alla società offerente, ritenendo, in conformità al parere espresso dall’Esperto, che l’operazione rappresenta l’unica soluzione concretamente attuabile per evitare la perdita di valore e assicurare la continuità dell’attività, e la cessione risulta più vantaggiosa per i creditori rispetto alla liquidazione giudiziale.
Un approccio più prudente ha invece avuto il Tribunale di Ancona, nel decreto del 27 marzo 2025, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 16, comma 1, e 22, comma 1 bis, CCII, ha ammesso l’attività dell’Esperto, nonché l’attuazione del decreto autorizzativo della cessione dell’azienda, anche successivamente alla chiusura della composizione negoziata, solo se l’accordo contenga una specifica clausola in virtù della quale il corrispettivo della vendita dell’azienda, destinato alla soddisfazione dei creditori, confluisca su un conto bancario vincolato all’ordine dell’Esperto, onerando quest’ultimo di ripartire le future somme contestualmente all’ottenimento del consenso alla cancellazione dei gravami da parte dei creditori ipotecari.
Nonostante i progressi, permangono sfide significative, come la mancanza di un effetto purgativo automatico delle trascrizioni pregiudizievoli, la persistente responsabilità solidale per i debiti dei lavoratori e la questione della “continuità tradita”. Queste aree richiedono ulteriori riflessioni e potenziali interventi normativi per garantire la piena efficacia e l’equità del sistema.
In definitiva, la cessione d’azienda condizionata nella composizione negoziata della crisi rappresenta uno strumento sofisticato e promettente per la gestione delle difficoltà d’impresa in Italia. La sua efficacia dipenderà dalla capacità di bilanciare la flessibilità necessaria per le negoziazioni con la certezza giuridica richiesta dagli operatori, assicurando al contempo la protezione degli interessi di tutte le parti coinvolte. Il percorso di evoluzione normativa e giurisprudenziale dimostra un impegno continuo verso un sistema di gestione della crisi più efficiente, trasparente e orientato al risanamento.