Con l’ordinanza 14414/2024, pubblicata il 23 maggio 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’assoggettabilità o meno al fallimento, oggi liquidazione giudiziale, della società incorporata a seguito di fusione con un’altra società, affermando il seguente principio di diritto: “In tema di fusione per incorporazione, la società incorporata, qualora insolvente, è assoggettabile a fallimento, ai sensi dell’articolo 10 della legge fallimentare entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese.”
IL CASO: Su richiesta del Pubblico Ministero, il Tribunale dichiarava il fallimento di una società per azioni che si era incorporata a seguito di fusione con una società a responsabilità limitata.
Il successivo reclamo proposto, ai sensi dell’art. 18 della legge fallimentare, avverso la sentenza dichiarativa di fallimento veniva rigettato dalla Corte di Appello la quale, tra i motivi della decisione, affermava la natura estintiva della vicenda dell’incorporazione, applicando al caso esaminato il primo comma dell’art. 10 della legge fallimentare, secondo il quale “Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo”.
La questione veniva, quindi, sottoposta all’esame della Corte di Cassazione a seguito del ricorso proposto dal legale rappresentante della società fallita, il quale deduceva:
- la violazione e la falsa applicazione degli articoli 10 legge fallimentare, 2495 e 2504 – bis del Codice Civile, per avere la Corte d’appello ritenuto l’assoggettabilità al fallimento della società incorporata entro l’anno dalla realizzazione della fusione, in ragione del ritenuto effetto estintivo dell’operazione di fusione, senza dare rilievo all’assoggettabilità a fallimento della società incorporante;
- la violazione e la falsa applicazione dell’art. 5 legge fallimentare e 2504- bis del Codice Civile per avere i giudici territoriale ritenuto irrilevante ogni accertamento circa la solvibilità della società incorporante.
LA DECISIONE: I motivi del ricorso sono stati ritenuti infondati dalla Corte di Cassazione la quale, nel rigettare il gravame, ha osservato che:
- come affermato anche in alcuni recenti arresti giurisprudenziale di legittimità, la fusione per incorporazione estingue la società incorporata, rendendone possibile la declaratoria di fallimento solo entro l’anno previsto dall’art. 10 della legge fallimentare, pena l’inesistenza della relativa statuizione (Cass.6324/2023);
- che «nell’ipotesi di cancellazione societaria generata dal fenomeno della incorporazione ( … ) opera la disciplina di cui all’art 10 l.fall. », la quale comporta la «fallibilità della società incorporata entro l’anno dalla cancellazione dal registro delle imprese» (Cass. 36526/2023);
- non sussiste, come contrariamente affermato dalla ricorrente, la prospettata distonia rispetto alla configurazione normativa dell’istituto della fusione come strumento utile alla soluzione anche delle crisi di impresa, poiché è evidente che ciò vale solo se e nella misura in cui esso sia effettivamente canalizzato nei corrispondenti strumenti concorsuali preventivi , diretti a superare lo stato di crisi o di insolvenza, non potendo invece la fusione, di per sé, scongiurare il rischio della dichiarazione di fallimento o liquidazione giudiziale, essendo quantomeno necessario che l’operazione riesca a coagulare una desistenza dei creditori intenzionati a conseguire quella dichiarazione;
- tenuto conto dell’estinzione della società incorporata, e che detta estinzione comporta la cessazione dell’attività d’impresa sua propria – non esclusa dalla prosecuzione dei soli rapporti ad essa connessi in capo alla società incorporante, che in quanto ente distinto svolge una sua propria e distinta attività d’impresa – è inevitabile l’applicazione dello speciale regime declinato dall’art. 10 legge fallimentare avuto riguardo ad uno stato di insolvenza manifestatosi anteriormente alla cancellazione dal registro delle imprese, o entro l’anno successivo.
- risulta ancora attuale (sebbene relativo a fattispecie di fusione di società di persone anteriore all’entrata in vigore della riforma del diritto societario introdotta con d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) l’insegnamento per cui è «irrilevante che i debiti siano stati, con la fusione, assunti dalla società incorporante; che la fusione non sia stata contrastata dai creditori; che sia mancato il fallimento della società incorporante; che sia mancata qualsiasi richiesta di pagamento rivolta dai creditori dell’incorporata alla società incorporante», poiché «il fallimento della società incorporata è conseguenza della sua insolvenza e del mancato decorso dell’anno dalla sua estinzione per fusione e prescinde dalla solvibilità o meno della società incorporante, che può semmai costituire ragione di eventuale soggezione di quest’ultima a procedura concorsuale, al pari di quanto si verifica per l’imprenditore individuale defunto ai sensi dell’art. 11, primo comma, legge fallimentare, norma, quest’ultima, che postula una sorta di sopravvivenza dell’impresa rispetto al soggetto che ne era titolare, a garanzia della massa dei creditori» (Cass. 2210/2007).