Un nuovo intervento del legislatore rischia di compromettere l’equilibrio, talvolta precario, nei rapporti tra il contribuente e l’Amministrazione Finanziaria.
Con l’art. 3-bis del D.L. 146/2021, in vigore dal 21 dicembre 2021, all’art. 12 del D.P.R. 602/1973 dopo il comma 4 è aggiunto il seguente: “L’estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dalla iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto ministeriale 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 o, infine, per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione”.
Con questo intervento il Legislatore ritiene di deflazionare il contenzioso anche per contrastare il proliferare di ricorsi avverso le cartelle di pagamento conosciute tramite l’accesso agli estratti di ruolo rilasciati dagli Agenti della Riscossione.
Una norma tranciante e frettolosa, già accolta da una parte della giurisprudenza di merito in senso sfavorevole al contribuente, con il rigetto dei ricorsi introdotti prima della novella, attribuendo a quest’ultima l’efficacia retroattiva messa in discussione dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 4526/2022.
Sebbene il legislatore lo abbia incluso tra i provvedimenti contemplati dal comma 4-bis, “l’estratto di ruolo” non è ricompreso nell’elenco degli atti impugnabili e oggetto di ricorso ai sensi dell’art. 19 del D. Lgs. n. 546/1992.
L’estratto di ruolo non era impugnabile neanche prima della novella e le Sezioni Unite, con la sentenza n. 19704 del 2015, dopo avere fatto una puntuale differenza sostanziale tra ruolo (atto impositivo regolato dalla legge, quanto ad impugnabilità e termini perentori di impugnazione) ed estratto di ruolo (elaborato informatico privo, per sua natura, di una pretesa impositiva, diretta o indiretta), ha sancito la non impugnabilità del secondo, per mancanza di interesse ad agire (ex art. 100 c.p.c.) del debitore a richiedere ed ottenere il suo annullamento giurisdizionale, non avendo alcun senso l’eliminazione dal mondo giuridico del solo documento, senza incidere su quanto in esso contenuto.
La prima naturale conseguenza della novella è un veto all’impugnazione di ruoli e cartelle non notificate, o invalidamente notificate, della cui esistenza il contribuente ha avuto conoscenza attraverso gli estratti di ruolo rilasciati dall’Agente della riscossione.
Nel tentativo di mitigare la drastica misura introdotta, il Legislatore ha previsto tre eccezioni al divieto di impugnazione con onere del contribuente di dimostrare, alternativamente tra loro, un grave pregiudizio derivante dall’iscrizione a ruolo nei seguenti casi: 1) partecipazione ad una procedura d’appalto; 2) riscossione di crediti vantati nei confronti di Amministrazioni pubbliche o di società a totale partecipazione pubblica; 3) più genericamente, la perdita di benefici nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.
Tali eccezioni alla regola sembrano insufficienti e suscitano non pochi dubbi di costituzionalità principalmente per la compressione del diritto di difesa previsto dall’art. 24 Costituzione. Ma non solo.
Anche i principi di uguaglianza e di capacità contributiva di cui agli artt. 3 e 53 Cost. risultano compromessi atteso che la nuova disposizione normativa potrebbe introdurre disparità di trattamento tra un’impresa ammessa alla tutela “preventiva” per partecipare a una gara d’appalto e una persona fisica, potenziale destinataria di un pignoramento del conto corrente e/o di un preavviso di ipoteca, alla quale è preclusa l’azione giudiziaria anticipata già ampiamente garantita prima della novella.
Con l’Ordinanza in commento viene affermato che lo ius superveniens non dovrebbe esplicare alcun effetto retroattivo. Nel caso delibato dalla Corte di Cassazione, al momento del ricorso di primo grado, era possibile impugnare la cartella ed il ruolo (non l’estratto di ruolo – ndr) senza la necessità di un interesse “qualificato” del contribuente ma in virtù di un semplice accesso agli atti custoditi dall’esattore.
Parte della Giurisprudenza di merito ha concluso per l’applicazione retroattiva della norma; altre Commissioni Tributarie, invece, hanno ritenuto che la norma si applichi a decorrere dal 21 dicembre 2021, escludendo che la stessa abbia carattere processuale direttamente applicabile, e non potendosi qualificare come norma di interpretazione autentica sia perché non indicata espressamente tale dal Legislatore sia perché la giurisprudenza si è uniformata ai principi affermati dalle Sezioni Unite (cfr. sentenza n. 19704/2015).
Sollevando numerosi dubbi di costituzionalità e di contrasto ai principi unionali stabiliti dalla Corte di Giustizia UE, la Sezione V della Corte di Cassazione ha rimesso agli atti al Primo Presidente per l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, tenuto conto della particolare rilevanza della questione, con possibili ricadute anche al di fuori del processo tributario, ovvero nei processi civili e previdenziali aventi ad oggetto entrate extrafiscali.
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In attesa della pronuncia delle Sezioni Unite, andrebbe evitato l’inserimento di norme frettolose con lo scopo di ridurre il contenzioso, in modo apparentemente più facile ma poco credibile, e privilegiare, invece, la strada maestra di una riforma organica della giustizia tributaria nel quadro del PNRR.