Il Codice della crisi e dell’impresa, introdotto dal D.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, all’art. 112, comma 2, disciplina, nel caso di dissenso di una o più classi di creditori, le ulteriori condizioni che devono ricorrere ai fini dell’omologa da parte del tribunale del concordato in continuità aziendale, ferma restando la richiesta del debitore (o il consenso del debitore, in caso di proposte concorrenti), Tali condizioni si aggiungono alle condizioni generali previste al comma 1 dell’art. 112 per tutte le tipologie di concordato (ossia anche per quello liquidatorio).
In dettaglio, l’art. 112, comma 2, lett. a) pone la necessità che il valore di liquidazione sia distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione, alla lett. b) si richiede che il valore eccedente quello di liquidazione (cioè il valore di ristrutturazione) sia distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, fermo restando quanto previsto dall’articolo 84, comma 7 (in merito ai crediti di lavoro che saranno soddisfatti secondo la regola della priorità assoluta). Ancora, la lett. c) statuisce che nessun creditore debba ricevere un importo superiore a quello del proprio credito.
Queste tre condizioni appaiono di facile soluzione interpretativa, a differenza della lett. d) dello stesso art. 112, comma 2, la quale esordisce stabilendo che la proposta debba essere approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una di queste classi sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta debba essere approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.
Le prime interpretazioni in merito alla lett. d), comma 2, dell’art. 112, sono molteplici.
Un primo indirizzo afferma che il concordato possa essere omologato se sussistono queste condizioni: 1) la proposta sia approvata dalla maggioranza delle classi e che una di queste classi consenzienti sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, 2) nel caso in cui detta classe dovesse mancare, la proposta sia approvata da creditori che verrebbero soddisfatti, almeno parzialmente, rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.
In verità questa tesi non segue un’interpretazione letterale della norma, non prendendo in considerazione l’espressione “almeno una” delle classi che siano risultate consenzienti (letteralmente le classi di creditori privilegiati potrebbero essere anche tutte non consenzienti, nel caso in cui il concordato fosse approvato a maggioranza da altre classi), ma si presta ad un’interpretazione sistematica fornendo i criteri da seguire alle classi di creditori che debbano approvare il concordato.
Seguendo quest’interpretazione, l’espressione “oppure, in mancanza” non andrebbe riferita al voto favorevole della maggioranza delle classi, la quale è sempre necessaria, ma alla seconda condizione, riguardante la modalità di formazione delle classi consenzienti. In sostanza, nel caso in cui mancasse la classe consenziente formata da creditori titolari di diritti di prelazione, deve esserci «almeno una classe» formata da creditori «almeno parzialmente soddisfatti» sul valore eccedente quello di liquidazione. L’interpretazione riferita non sembra, però, di facile applicabilità, data la grande quantità di crediti con cause di prelazione presenti all’interno del nostro sistema economico, comportando, in pratica, che per l’approvazione della proposta di concordato debba esserci almeno una classe di creditori aventi diritti di prelazione che voti favorevolmente.
Si è palesato anche un secondo indirizzo, nel quale l’espressione «in mancanza», riferendosi all’effettiva mancanza della maggioranza delle classi (essendo quindi condizione sufficiente, ma non obbligatoria per l’omologazione), avrebbe lo scopo di qualificare i criteri di formazione delle classi nel caso in cui manchi la maggioranza delle classi consenzienti.