La rendicontazione di sostenibilità (detta anche rendicontazione ESG o sustainability reporting) racchiude tutte quelle attività di rendicontazione e reportistica non prettamente finanziaria che delineano l’impegno concreto delle aziende nel perseguire obiettivi ESG, le quali, in tal modo, misurano, comunicano e si assumono la responsabilità del proprio operato nei confronti degli stakeholder, interni ed esterni. L’obiettivo è fornire un quadro chiaro e trasparente dell’impatto aziendale in ambito sociale e ambientale, e dare vita, quindi, ad una nuova fase della responsabilità sociale d’impresa incoraggiando forme di business maggiormente sostenibile.
Con l’approvazione della Direttiva n. 2022/2464/UE – Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che segue la Direttiva 2014/95/UE – Non-Financial Reporting Directive (NFRD), gli obblighi di rendicontazione, e cioè di fornire informazioni su questioni ambientali, sociali e di governance, si sono notevolmente estesi, interessando un numero molto più ampio di imprese e introducendo standard di rendicontazione più articolati e stringenti, i nuovi European Sustainability Reporting Standards (ESRS).
In Italia, il d.lgs. n. 125/2024, entrato in vigore lo scorso 25 settembre, ha recepito la CSRD, definendo i dettagli operativi della rendicontazione di sostenibilità sia in ambito soggettivo che temporale, in particolare:
Oneri di governance e responsabilità manageriali
L’evoluzione normativa in ambito di sostenibilità e la crescente attenzione verso i criteri ESG (Environmental, Social, and Governance), espone gli amministratori ad una valutazione degli impatti, in termini di sostenibilità, delle loro decisioni e azioni, e dunque ad oneri di governance e di responsabilità manageriali.
La CSRD, infatti, prevede espressamente la responsabilità collettiva dei membri degli organi di amministrazione, gestione e controllo dell’impresa, e specifica le sanzioni e le misure che gli Stati membri devono prevedere in caso di violazioni alla normativa nazionale di recepimento della Direttiva.
In particolare l’art. 10, c. 1 del d.lgs. n. 125/2024 pone direttamente in capo agli amministratori dell’impresa obbligata alla rendicontazione la responsabilità di garantire che il processo di redazione del “report ESG” segua tutte le disposizioni previste, con l’obiettivo di fornire un quadro trasparente ed accurato delle performance ambientali, sociali e di governance della società.
In assenza di una normativa dettagliata sul punto, soprattutto in ordine alla determinazione di comportamenti sanzionabili, al fine di definire il regime di responsabilità degli amministratori, occorre fare riferimento alle regole ordinarie contenute nel Codice Civile e nel TUF, inerenti alla responsabilità civile e amministrativa, nonché a quelle contenute nel Codice Penale nel caso in cui le violazioni degli obblighi di diligenza e professionalità configurino illeciti penali.
Pertanto, alla luce della normativa italiana applicabile in tema di rendicontazione di sostenibilità, gli amministratori devono:
Obblighi ed oneri questi che si estendono anche agli amministratori non operativi, i quali hanno l’obbligo di attivarsi per richiedere ai consiglieri delegati ulteriori informazioni laddove queste non siano state fornite ovvero siano carenti, contraddittorie o inattendibili, atteso che la relazione sulla gestione è atto congiunto non riferibile ai soli delegati.
Si osserva, inoltre, che la presentazione di informazioni false o ingannevoli nelle dichiarazioni di sostenibilità potrebbe essere collegata a reati come le false comunicazioni sociali, disciplinate dagli articoli 2621 e 2622 c.c. (relativi al falso in bilancio), e costituire, quindi, ipotesi di responsabilità penale per gli amministratori, sebbene il d.lgs. n. 125/2024 non stabilisca espressamente una sanzione penale in merito.
Trattasi, in ogni caso, di reati la cui commissione nell’interesse e vantaggio della società potrebbe ipoteticamente comportare anche una responsabilità della medesima ai sensi e per gli effetti del d.lgs. n. 231/2001.
In ordine alle sanzioni amministrative il d.lgs. n. 125/2024 ha disposto l’inclusione della rendicontazione di sostenibilità nella relazione finanziaria annuale ex art. 154-ter del TUF; ne segue l’attribuzione alla CONSOB del potere di applicare le sanzioni amministrative disciplinate dall’art. 193 del TUF, sempre che il fatto non costituisca reato. In particolare, per i primi due anni di applicazione del d.lgs. n. 125/2024, in caso di sua violazione, si applicano i seguenti limiti delle sanzioni amministrative previste dallo stesso art. 193 TUF:
Qualora però la violazione sia connotata da scarsa offensività o pericolosità, trovano applicazione le seguenti sanzioni meno severe:
Buone pratiche come sistema di gestione del rischio e di governance della sostenibilità
La normativa europea impone all’impresa e, in particolare, all’organo amministrativo, di governare la sostenibilità, facendone oggetto di strategia integrata a medio-lungo termine, includendo i fattori ESG nei piani aziendali e predisponendo assetti organizzativi adeguati al raggiungimento degli obiettivi fissati.
Ecco perché diventa indispensabile per le aziende perseguire sin da subito un’adeguata governance della sostenibilità che diventi parte integrante della gestione d’impresa e si concretizzi in una due diligence che riguardi l’intera catena del valore dell’impresa (attività, prodotti e servizi, partnership commerciali, supply chain…).
Da qui la necessità di adottare, da parte del management aziendale, delle best practicies tese ad un’adeguata gestione dei rischi, ad una corretta rendicontazione di sostenibilità, e a dimostrare, quindi, l’impegno verso criteri ESG.
Buone pratiche che possono così sintetizzarsi:
L’impegno verso i criteri ESG, seppur complesso, rappresenta per le aziende una vera opportunità strategica; la rendicontazione di sostenibilità, infatti, basata su una gestione responsabile e trasparente, migliora l’accesso ai mercati finanziari ed attrae investitori sempre più attenti ai valori ambientali e sociali.