La riforma dei delitti contro gli animali, in vigore dal 1° luglio 2025, introduce significative novità, inasprendo le pene e le sanzioni per chi commette reati come maltrattamento, uccisione, abbandono e organizzazione di combattimenti. La nuova legge n. 82 del 6 Giugno 2025 introduce anche il nuovo articolo 25-undevicies nel D.Lgs. 231/2001, ampliando così il catalogo dei reati presupposto con una nuova categoria dedicata ai delitti contro gli animali.
L’introduzione del nuovo articolo 25 undevicies deve essere attenzionato in particolare da parte delle imprese che operano in settori legati alla gestione, alla cura e al commercio degli animali e dunque, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, dalle aziende agricole o zootecniche, dalle aziende che organizzano spettacoli con il coinvolgimento di animali o, ancora, considerando la nuova fattispecie connessa alla diffusione di immagini di violenza nei confronti degli animali, dalle aziende che coinvolgono gli animali in spot pubblicitari. La novella impone, infatti, a tutte le società che esercitano un’attività comprendente animali – sia direttamente che indirettamente – di valutare attentamente la possibile commissione di reati posti a tutela della fauna e di attivarsi per prevenirli.
All’interno del nuovo art. 25-undevicies “Delitti contro gli animali” si rinvengono i seguenti reati:
Lo stesso provvedimento ha poi anche modificato il testo dell’art. 727-bis c.p. (Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione e commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette) e dell’art. 733-bis c.p. (Distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto) facenti parte dell’Art. 25-undecies del D.Lgs 231/01 (Reati ambientali).
Il nuovo reato presupposto prevede che – in caso di commissione di uno dei reati previsti in tema di tutela degli animali – la società nel cui interesse o vantaggio è stato commesso l’illecito può rispondere in sede penale con una sanzione pecuniaria fino a 500 quote e con una sanzione interdittiva di durata non eccedente i 2 anni.
Le sanzioni interdittive comprendono:
a) interdizione dall’attività,
b) sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni connesse al reato,
c) divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo per prestazioni di pubblico servizio,
d) esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi, con eventuale revoca di quelli già concessi,
e) divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Le aziende che operano in settori strettamente legati alla gestione, cura e commercio di animali sono quelle maggiormente esposte ai reati contro gli animali di cui al D.Lgs 231/01. In particolare, le imprese agricole e zootecniche, che gestiscono allevamenti e produzione di carne, sono a rischio di violazioni legate al maltrattamento o all’uccisione illegale degli animali. Allo stesso modo, le aziende di trasporto di animali vivi o quelle che si occupano di macellazione e lavorazione carni devono garantire che tutte le operazioni siano conformi ai regolamenti sanitari e di benessere animale, per evitare il rischio di violazioni. Le attività circensi e le strutture che ospitano animali per spettacoli o attrazioni, come i parchi tematici, devono assicurarsi che gli animali siano trattati in modo etico e rispettoso delle normative. Inoltre, le aziende del settore pet care, come i pet shop e le cliniche veterinarie, sono vulnerabili alle sanzioni se non adottano politiche di benessere animale adeguate. Infine, anche le aziende che realizzano pubblicità o contenuti digitali con animali (come spot pubblicitari o video virali) devono essere particolarmente attente alla produzione di contenuti che potrebbero violare le nuove normative sulla diffusione di immagini di violenze contro gli animali.
Restano escluse dalla responsabilità ex Decreto 231 tutte quelle condotte che rientrano in settori regolati da normative speciali, quali: caccia, pesca, allevamento regolato, spettacoli circensi riconosciuti.
Tuttavia, laddove la normativa specifica venga violata o aggirata, l’ente potrebbe comunque incorrere in responsabilità.
Con l’inserimento dei reati contro gli animali nel catalogo 231, per la prima volta, il nostro ordinamento riconosce agli animali una soggettività giuridica implicita, imponendo alle aziende di adottare ogni misura necessaria e concreta per prevenire e contrastare i comportamenti illeciti sanzionati.
La protezione del benessere animale, pertanto, non deve considerarsi solo un obbligo normativo previsto dal D.lgs. 231/2001, ma un passaggio essenziale delle strategie ESG. Se da un lato, infatti, la Legge n. 82/2025 amplia i reati presupposto e impone controlli interni più rigorosi, dall’altro, investitori, clienti e comunità chiedono standard chiari, trasparenti e verificabili, orientati alla sostenibilità ambientale, sociale e di Governance. Integrare i presidi 231 con policy, controlli di filiera e rendicontazione ESG significa garantire coerenza tra responsabilità legale e responsabilità sociale, riducendo i rischi e rafforzando la reputazione aziendale. La tutela degli animali diventa, dunque, parte integrante della strategia ESG (Environmental, Social, Governance) di un’impresa responsabile.
In tal senso, non è più sufficiente garantire la conformità normativa: è necessario integrare principi di tutela animale nei processi aziendali, lungo la catena di fornitura e nella Governance. Il mancato adeguamento comporta sanzioni, danni reputazionali e perdita di fiducia da parte di clienti e stakeholder.
Da qui la necessità di effettuare, in un’ottica di compliance aziendale, un Risk Assessment integrato, cioè valutare i rischi non solo in chiave penale, ma anche sotto il profilo sociale e ambientale, considerando l’impatto sul benessere animale, sulla biodiversità e sulla reputazione aziendale, occorre implementare i propri modelli di organizzazione, revisionare, laddove necessario, le proprie policy e procedure interne al fine di accertare l’efficacia e la conformità dei propri sistemi preventivi interni alle nuove fattispecie di reato.