Lo scorso 4 ottobre è entrato in vigore il D.Lgs. 141/2024 recante “Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi”. Tale riforma, in attuazione della delega fiscale, ha modificato e integrato il corpus normativo già previsto in materia doganale, nell’ottica di uniformarlo alle disposizioni unionali del Regolamento UE 952/2013.
Alcuni degli aspetti più rilevanti della riforma sono:
Il cuore della riforma è rappresentato dall’Allegato I dello schema di decreto legislativo intitolato “Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione” (c.d. Nuovo Decreto). Tale Allegato è composto da 122 articoli che modificano, aggiornano e armonizzano con la normativa europea il sistema doganale nazionale, sostituendo il vecchio D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale – TULD).
Tra le novità più rilevanti introdotte dal legislatore con il Nuovo Decreto, spicca all’articolo 27 l’inclusione formale dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) tra i diritti doganali e i diritti di confine, che comporta importanti implicazioni in punto di sanzioni.
Il legislatore delegato, a tal proposito, ha previsto che “fra i diritti doganali di cui al comma 1 costituiscono diritti di confine, oltre ai dazi all’importazione e all’esportazione previsti dalla normativa unionale, i prelievi e le altre imposizioni all’importazione o all’esportazione, i diritti di monopolio, le accise, l’imposta sul valore aggiunto e ogni altra imposta di consumo, dovuta all’atto dell’importazione, a favore dello Stato”.
In buona sostanza, tale intervento legislativo ha modificato la natura dell’IVA all’importazione equiparandola ai dazi: ora quindi l’imposta sul valore aggiunto rientra fra i diritti di confine che ogni importatore dovrà assolvere all’atto dell’importazione.
Si porrà così fine a un acceso dibattito che, specie in sede giurisprudenziale, finora ha visto il contrapporsi di posizioni divergenti su tale tema. Infatti, nonostante l’interpretazione di una parte della giurisprudenza, che considerano l’IVA all’importazione come un’imposta di confine (cfr. inter alia Cass. pen., Sez. III, Sent., 11/02/2022, n. 4978), un diverso orientamento della Cassazione sosteneva che l’IVA all’importazione fosse estranea all’obbligazione doganale, pur condividendo con i dazi la caratteristica di derivare dall’importazione di beni nell’Unione Europea e dalla loro successiva introduzione nel mercato interno unionale (cfr. inter alia Cass. Sez. Trib., 29 luglio 2021, n.21659).
Con l’adozione del Nuovo Decreto, dunque, il legislatore ha inteso fare chiarezza sul punto, eliminando ogni possibile incertezza interpretativa.
Altro aspetto rilevante introdotto dalla riforma riguarda il riordino delle disposizioni nazionali relative all’esportazione temporanea.
In base all’art. 72 del Nuovo Decreto, infatti, l’Agenzia delle Dogane potrà autorizzare l’esportazione temporanea di merce unionale destinata a essere reimportata entro un massimo di trentasei mesi, prorogabili. Tale esportazione potrà avvenire per vari scopi, tra cui l’uso come campioni, per studio, per visionatura, per esperimenti, per collaudo, per tentare la vendita, per manifestazioni culturali, fieristiche, artistiche, sportive, tecniche, scientifiche, per turismo, per spettacoli, esclusi quelli cinematografici, per pascolo, per riproduzione, nonché per altre esigenze similari.
Il nuovo Decreto Legislativo 141/2024 introduce importanti novità nel rapporto doganale, a partire dalla chiara definizione dei soggetti obbligati al pagamento dei diritti di confine, che includono dazi, IVA e altre imposte di consumo applicate all’importazione ed individuati in base alla normativa doganale dell’Unione Europea.
La figura del rappresentante doganale è stata riorganizzata nel nuovo Decreto Legislativo n. 141/2024 per chiarire e regolamentare meglio le sue funzioni. Esistono due modalità di rappresentanza doganale: diretta e indiretta.
Nel caso della rappresentanza diretta, il rappresentante doganale agisce esclusivamente per conto di una singola persona, solitamente l’importatore, e non assume alcuna responsabilità diretta per il pagamento dei diritti di confine. La rappresentanza diretta richiede un’abilitazione specifica, che può essere concessa a determinati soggetti qualificati, come gli spedizionieri doganali, i Centri di Assistenza Doganale (C.A.D.) e gli operatori economici autorizzati (AEO). L’abilitazione può essere richiesta contestualmente all’ottenimento dello status di AEO o all’autorizzazione per l’esercizio delle attività doganali. È necessario mantenere questo status per continuare a esercitare la rappresentanza diretta.
A differenza di quella diretta, nella rappresentanza indiretta, il rappresentante doganale agisce a nome proprio ma per conto di un’altra persona, che può essere l’importatore o esportatore. Non sono richieste abilitazioni specifiche per esercitare questa funzione, e il rappresentante può essere chiunque sia nominato dall’altra persona per eseguire atti e formalità doganali. Tuttavia, il rappresentante indiretto potrebbe essere responsabile anche per il pagamento dei diritti di confine, insieme all’importatore o esportatore.
Infine, il decreto potenzia lo Sportello Unico Doganale e dei Controlli (S.U.Do.Co.).
L’obiettivo principale è semplificare e coordinare tutti i controlli amministrativi e doganali attraverso un unico punto di accesso, gestito in modalità telematica. Lo Sportello unico mira a centralizzare e armonizzare le verifiche necessarie per l’importazione, l’esportazione e il transito delle merci, riducendo tempi e costi per gli operatori economici.
Attraverso questo sistema, tutte le autorità competenti per i vari controlli (ad esempio, verifiche sanitarie, fitosanitarie, di sicurezza) potranno eseguire le loro ispezioni in modo simultaneo e nello stesso luogo, evitando la frammentazione delle procedure. Questo approccio integrato garantisce una maggiore efficienza e riduce gli ostacoli burocratici che rallentano le operazioni commerciali.
Riorganizzazione dell’apparato sanzionatorio e dei reati di contrabbando.
Il nuovo impianto sanzionatorio introdotto con il Decreto Legislativo 141/2024 rappresenta una significativa evoluzione rispetto alla disciplina precedente, in particolare con il superamento del concetto tradizionale di contrabbando. Questa riforma mira a razionalizzare e semplificare il quadro sanzionatorio, eliminando la distinzione tra contrabbando “extra ispettivo” e “intra ispettivo”, e introducendo un sistema più lineare e coerente con le altre normative fiscali.
Il novero delle sanzioni amministrative e penali introdotte con la riforma doganale ha recepito la Direttiva UE 2017/1371, meglio conosciuta come direttiva PIF, che ha inserito il reato di contrabbando tra le fattispecie poste a tutela degli interessi finanziari dell’Unione Europea.
Una delle principali novità consiste, infatti, nella ridefinizione delle violazioni doganali, ora suddivise in due sole categorie: illeciti penali e illeciti amministrativi. La distinzione tra queste due categorie non è più basata sull’elemento soggettivo del dolo, come avveniva nel previgente TULD, ma su criteri oggettivi, in particolare sull’ammontare dei diritti doganali evasi o non versati. In tal senso, la soglia di 10.000 euro di diritti di confine dovuti diventa il discrimine tra illeciti amministrativi e illeciti penali.
Il concetto di contrabbando viene dunque integrato in un sistema più ampio che tiene conto del grado di offensività della condotta, applicando sanzioni penali solo quando vengono superati determinati limiti. Inoltre, il legislatore ha introdotto un’ulteriore salvaguardia: qualora l’Autorità Giudiziaria, anche in presenza di diritti superiori alla soglia, non riscontri il dolo necessario per configurare il reato, la violazione sarà trattata come un illecito amministrativo, con il passaggio della competenza all’amministrazione doganale per la relativa sanzione.
Il legislatore ha così distinto le sanzioni in due categorie principali: sanzioni di natura penale (articoli 78-95) e sanzioni di natura amministrativa (articoli 96-103).
Per quanto riguarda le sanzioni penali, la riforma semplifica e riordina le fattispecie dei reati di contrabbando, che il Nuovo Decreto declina nel seguente modo:
In base al Nuovo Decreto, nei casi in cui l’autorità giudiziaria non rilevi una condotta dolosa nelle fattispecie di contrabbando per dichiarazione infedele, l’autore potrà essere punito – a titolo di colpa – con una sanzione amministrativa compresa tra l’80% e il 150% dei diritti di confine dovuti, comunque non inferiore a 500,00 euro.
Con riguardo al sistema sanzionatorio penale, la riforma, nel riscrivere il reato di contrabbando ha anche integrato le ipotesi di responsabilità amministrativa da reato egli Enti.
In particolare l’art. 4 del D.Lgs. 141/2024 ha modificato l’art. 25 sexiesdecies del D.Lgs 231/2001 introducendo nuovi reati presupposto, connessi anche alla materia delle accise, ed ampliando le misure interdittive applicabili all’ente.
Ad opera di questa modifica, i reati previsti dal D.Lgs. 504/1995, ossia il Testo Unico Accise, sono ora annoverati fra i reati presupposto che possono far scattare la responsabilità amministrativa dell’ente.
Oggi il nuovo art. 25 sexiesdecies prevede una sanzione pecuniaria fino a 200 quote nel caso di commissione di uno dei reati previsti dalle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione e dal Testo Unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative.
Inoltre, nel caso in cui venga accertata la responsabilità amministrativa dell’ente per tali reati, all’ipotesi aggravata di cui all’art. 25 sexiesdecies, comma 2, sono estese le misure dell’interdizione dall’esercizio dell’attività e della sospensione o della revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito (ossia le misure interdittive previste all’art. 9, comma 2, lett a) e b) del D.Lgs. 231/2001).