Nell’ambito del diritto penale tributario, l’art. 11 del D.Lgs. n. 74 del 2000 punisce la condotta delittuosa del contribuente che sottrae le garanzie patrimoniali alla soddisfazione di un credito dell’Amministrazione Finanziaria.
Tale disposizione, al primo comma, prevede che: “è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni”.
Trattandosi di un reato di pericolo (rectius “di pericolo concreto”) il legislatore richiede, ai fini della consumazione, la semplice idoneità della condotta illecita a rendere inefficace la procedura di riscossione.
Con sentenza n. 10763/2021, la Suprema Corte di Cassazione penale, Sez. III, ha individuato alcuni tratti distintivi della condotta delittuosa in commento.
A. Pendenze tra Erario e contribuente.
Ai fini della configurabilità del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, non rileva l’iscrizione a ruolo dei debiti tributari, essendo sufficiente l’esistenza di un credito erariale relativo, per capitale, interessi e sanzioni, ad imposte sui redditi o sul valore aggiunto suscettibile di essere azionato coattivamente.
Può ritenersi sufficiente, quale presupposto del reato, l’esistenza, al momento della condotta illecita, di un debito verso l’Amministrazione finanziaria, sebbene non ancora determinato ed eventualmente
nemmeno oggetto di procedure di accertamento, anche se in fase amministrativa, purché per un ammontare complessivo stimabile in una somma superiore a cinquantamila euro.
L’autore della condotta deve essere cosciente e consapevole dell’esistenza di un debito nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria, agendo con tale consapevolezza, ancorchè non abbia ricevuto formali notifiche di atti di accertamento o di riscossione, ma solo atti amministrativi di contestazione.
B. Nozione dei sintagmi “aliena simulatamente” o “compie altri atti fraudolenti”.
Al fine di integrare il reato, l’alienazione si intende “simulata” quando è finalizzata a creare una situazione giuridica apparente, diversa da quella reale, e il programma contrattuale non corrisponde deliberatamente in tutto (simulazione assoluta) o in parte (simulazione relativa) alla effettiva volontà dei contraenti.
Qualora, invece, il trasferimento del bene sia effettivo, la relativa condotta può essere valutata quale possibile atto fraudolento, idoneo a mettere in pericolo o comunque ostruire l’azione di recupero del bene da parte dell’Erario.
Secondo la Suprema Corte, in tema di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato, oggettivamente idonei ad eludere l’esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta, ai sensi dell’art. 11, d.lgs. n. 74 del 2000, allorquando, pur determinando un trasferimento effettivo del bene, siano connotati da elementi di inganno o di artificio, cioè da uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione.
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A commento delle superiori argomentazioni, può affermarsi che i Giudici di legittimità abbiano inteso evidenziare la finalità spiccatamente preventiva dell’art. 11 D. Lgs. n. 74/2000, dando una precisa interpretazione del reato di alienazione simulata o sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, quale reato di pericolo e più precisamente di pericolo concreto, per la cui integrazione è sufficiente, in base a un giudizio ex ante, che la condotta sia idonea a rendere inefficace la procedura di riscossione, ma non esige che essa sia attivata con notifiche formali di atti di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria.
Nella sentenza in commento, il contribuente era stato convocato dall’Amministrazione Finanziaria per rendere giustificazioni su alcune operazioni imponibili, appena due mesi prima dell’atto di alienazione incriminato, a conferma che è sufficiente l’avvio di un’attività endoprocedimentale, per consumare il reato, ancorchè il contribuente non abbia ancora ricevuto un formale atto di accertamento o di riscossione.