La legge attribuisce al datore il ruolo di “garante” della sicurezza in ambito lavorativo, imponendogli di vigilare affinché i propri dipendenti rispettino le norme di precauzione e sicurezza. Ciò significa che, anche di fronte a comportamenti negligenti o imprudenti dei lavoratori, che possano contribuire al verificarsi di un infortunio, la responsabilità del datore di lavoro non viene automaticamente esclusa. L’imprenditore è infatti tenuto a implementare e far rispettare misure di sicurezza adeguate, e a controllare che le stesse siano osservate dai lavoratori.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 12326 del 26 marzo 2024, si è espressa in merito alla responsabilità del datore di lavoro in caso di infortuni sul lavoro, anche nell’ipotesi di condotta colposa del lavoratore.
Nel caso in esame, un operaio addetto alla manutenzione, mentre eseguiva un intervento di riparazione, cadeva dalla scala, precipitando all’interno di un silos, e perdeva la vita.
Il giudice, sia in primo che in secondo grado, dichiarava la responsabilità del datore di lavoro, avendo accertato che l’infortunio mortale occorso al lavoratore fosse riconducibile a plurime violazioni delle disposizioni antinfortunistiche, imposte dal Testo Unico sulla Sicurezza.
Il datore di lavoro presentava ricorso per cassazione, lamentando la mancata considerazione della condotta del lavoratore quale fatto interruttivo del nesso di causalità fra la condotta ascritta al datore di lavoro e l’evento.
In particolare, il ricorrente richiamava il principio di autoresponsabilità del lavoratore, che considera interruttiva del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore, quando essa si colloca al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso.
Secondo la tesi del ricorrente, la condotta dal lavoratore sarebbe stata idonea ad interrompere il nesso causale in quanto abnorme ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, poiché l’attività era stata posta in essere di sua iniziativa, era stata vietata dal datore di lavoro ed era stata condotta senza l’adozione degli elementari dispositivi di sicurezza di cui il lavoratore stesso era dotato.
La Corte di Cassazione ricordava, per prima cosa, che affinché la condotta del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia.
Un comportamento “abnorme” si riferisce a qualsiasi azione del lavoratore completamente estranea alle sue mansioni lavorative o al processo produttivo, e che quindi esuli dalla possibilità di controllo del datore di lavoro. La sua azione non deve essere neanche “immaginabile” in modo ragionevole.
Analogamente, un comportamento “eccentrico” riguarda azioni che, pur connesse allo svolgimento delle mansioni lavorative, si discostano radicalmente dalle prassi lavorative accettabili e prevedibili. In entrambi i casi, è difficile dimostrare che l’infortunio sia derivato da una mancanza di precauzione da parte del datore di lavoro.
Di conseguenza, in caso di comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, il datore di lavoro può andare esente da responsabilità solo ove egli abbia predisposto anche quelle cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e al governo del rischio del comportamento imprudente del lavoratore, cosicché, solo in questo caso, l’evento verificatosi può essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante.
Alla luce di tali considerazioni, pertanto, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso, enunciando il seguente principio di diritto: in tema di infortuni sul lavoro, qualora l’evento sia riconducibile alla violazione di una molteplicità di disposizioni in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro, il comportamento del lavoratore che abbia disapplicato elementari norme di sicurezza non può considerarsi eccentrico o esorbitante dall’area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia, in quanto l’inesistenza di qualsiasi forma di tutela determina un ampliamento della stessa sfera di rischio fino a ricomprendervi atti il cui prodursi dipende dall’inerzia del datore di lavoro.
Affinché il comportamento imprudente del lavoratore possa essere considerato una manifestazione di “rischio eccentrico”, escludendo quindi la responsabilità del datore, è necessario che quest’ultimo abbia adottato tutte le misure di precauzione volte a governare il rischio di comportamenti imprudenti. Solo in questo caso, l’evento dannoso potrà essere attribuito alla negligenza del lavoratore e non al mancato intervento del datore.
Il “rischio eccentrico” si riferisce a un comportamento del lavoratore completamente inaspettato e imprevedibile, che esula dalla normale logica di previsione. La sentenza chiarisce che il datore di lavoro è tenuto a prevedere anche le azioni imprudenti dei dipendenti, ma non quelle completamente fuori da ogni logica previsionale.
La sentenza evidenzia l’importanza di un sistema di prevenzione e sicurezza sul lavoro che sia efficace e onnicomprensivo. Non basta stabilire delle regole; è fondamentale che queste siano accompagnate da una costante vigilanza e da un impegno attivo nel garantire il loro rispetto.