Entrato in vigore il 18 gennaio 2024, il D.Lgs. n. 219/2023 contiene modifiche rilevanti allo Statuto dei diritti del contribuente. Tra le novità più importanti il rinnovato obbligo del contraddittorio preventivo sugli atti impugnabili, il divieto di interpretazione analogica delle norme tributarie e una nuova veste per l’istituto dell’autotutela.
Il nuovo art. 6 bis dello Statuto onera l’Amministrazione a comunicare preventivamente al contribuente, con modalità idonee, lo schema di provvedimento che intende adottare, assegnando un termine non inferiore a sessanta giorni, per consentire allo stesso contribuente eventuali controdeduzioni oppure per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo del procedimento. L’atto non è adottato prima dello scadere dei sessanta giorni.
Se la scadenza di tale termine è successiva a quella del termine di decadenza per l’adozione dell’atto conclusivo, o se fra la scadenza dei sessanta giorni per il contraddittorio e il termine di decadenza per l’emissione del provvedimento decorrono meno di centoventi giorni, tale ultimo termine è prorogato al centoventesimo giorno successivo alla data di scadenza del termine utile per l’esercizio del contraddittorio. L’atto predisposto all’esito del contraddittorio deve tenere in considerazione le osservazioni del contribuente e deve motivare quelle che non ritiene di accogliere.
Si tratta di uno strumento potenzialmente utile a diminuire il contenzioso e a rafforzare la collaborazione del Fisco con il contribuente.
Il divieto di analogia è stato introdotto con l’art. 1, comma 1 lettera b), del D. Lgs. n. 219/2023 che aggiunge il nuovo comma 4-bis all’art. 2 (“Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie”) dello Statuto del contribuente (Legge n. 212 del 2000).
Tale norma disciplina un principio restrittivo molto importante, precisando che le norme tributarie impositive che recano la disciplina del presupposto tributario e dei soggetti passivi, introducendo imposte e tasse a carico del contribuente, si applicano esclusivamente ai casi e ai tempi espressamente considerati dalle norme. In questo modo si vuole escludere la possibilità di
applicazione analogica delle norme tributarie, talvolta riscontrate in orientamenti giurisprudenziali o di prassi che disciplinavano fattispecie concrete ricorrendo a norme applicate solo a seguito di interpretazioni non condivisibili.
Il nuovo articolo 10-quater dello Statuto disciplina il potere di autotutela obbligatoria da parte dell’Amministrazione finanziaria mentre il successivo articolo 10-quinquies quello di autotutela facoltativa.
L’articolo 10-quater prevede che l’Amministrazione finanziaria annulli anche d’ufficio, quindi anche senza istanza di parte, gli atti impositivi nei casi di manifesta illegittimità (ad es. errore di persona; errore di calcolo; errore sull’individuazione del tributo; errore materiale del contribuente; errore sul presupposto dell’imposta; mancata considerazione di pagamenti eseguiti; mancanza di documentazione successivamente sanata). L’esercizio dell’autotutela obbligatoria è possibile anche in pendenza di giudizio o di atti definitivi (non impugnati nei termini), mentre l’obbligo non ricorre nel caso di sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione ovvero qualora sia trascorso oltre un anno dalla mancata impugnazione dell’atto viziato.
Fuori dei casi sopra indicatati, l’Amministrazione puà comunque annullare l’atto illegittimo avvalendosi dell’articolo 10-quinquies (autotutela facoltativa) in presenza di cause di infondatezza della pretesa diverse da quelle disciplinate dall’autotutela obbligatoria. Vi rientrano, ad esempio, ipotesi di errore sulla valutazione dei requisiti per beneficiare di deduzioni o detrazioni, in precedenza negate. Anche in questo caso non costituisce un limite all’esercizio del potere di autotutela la pendenza di un giudizio o la definitività dell’atto (senza il termine di un anno). Da rilevare che il D. Lgs. n. 220/2023, in riforma del contenzioso tributario, prevede la possibilità per il contribuente di impugnare il rifiuto espresso o tacito all’istanza di autotutela obbligatoria e quello espresso nel caso di autotutela facoltativa.