Con l’espressione “patto parasociale” si intende quell’accordo contrattuale che intercorre fra più soggetti (di norma due o più soci, ma anche tra soci e terzi), finalizzato a regolamentare il comportamento futuro che dovrà essere osservato durante la vita della società o, comunque, in occasione dell’esercizio di taluni diritti derivanti dalle partecipazioni detenute.
Il patto parasociale, quindi, è uno strumento negoziale ulteriore e diverso rispetto al contratto di società e allo statuto della medesima, in quanto realizza una convenzione con cui i soci attuano un regolamento complementare a quello sancito nell’atto costitutivo e poi nello statuto della società, al fine di meglio precisare le proprie posizioni all’interno della compagine societaria. La validità di queste pattuizioni emerge, in modo ormai diretto, dalla previsione normativa dell’art. 2341-bis cod. civ., purché non si pongano in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento in materia societaria.
Elemento caratterizzante del patto parasociale è che l’assetto obbligatorio in esso convenuto abbia come obiettivo uno dei due elementi caratterizzanti indicati nell’art. 2341-bis cod. civ.: stabilizzazione degli assetti proprietari o del governo della società.
Tali finalità possono essere perseguite, quindi, anche tramite accordi che, in ogni modo previsti, abbiano per effetto una regolamentazione dei diritti patrimoniali ricadenti su un socio, di cui l’altro stipulante (socio o terzo che sia) si renda in qualsivoglia modo garante. Più in particolare, secondo la giurisprudenza della Cassazione, anche un patto di opzione c.d. “put”, per effetto del quale l’acquirente acquista il diritto, ma non l’obbligo, di vendere un determinato bene a un prezzo specifico, è qualificabile nell’ambito dei patti parasociali, se ha come obiettivo finale quello di stabilizzare l’assetto della partecipazione di uno degli stipulanti nel capitale della società.
Può, quindi, essere affermato che è valido e meritevole di tutela un patto parasociale che, attraverso un’opzione put, consenta ai soci di vedersi garantita la remunerazione del valore della partecipazione a un prezzo predeterminato.
Un patto parasociale siffatto potrebbe incorrere, tuttavia, in una censura di nullità per violazione del divieto del c.d. patto leonino (il divieto di “patto leonino” è posto dall’art. 2265 cod. civ., secondo cui “è nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite“).
In tal senso si sono espressi degli orientamenti giurisprudenziale di merito, che ritenevano sussistere la violazione dell’art. 2265 cod. civ. in quei patti parasociali di put option allo stesso prezzo di acquisto della partecipazione, perché indirettamente volti a consentire al socio di rientrare integralmente del proprio esborso finanziario senza subire alcun possibile pregiudizio dallo svolgimento dell’impresa economica. Tuttavia l’orientamento riportato è stato superato da diverse pronunce rese dalla Cassazione, anche recentemente (Cass., 22 ottobre 2024, n. 27283), secondo le quali è lecito e meritevole di tutela l’accordo negoziale concluso tra i soci di una società azionaria, con il quale l’uno si obblighi a manlevare l’altro dalle eventuali conseguenze negative del conferimento effettuato in società, mediante l’attribuzione del diritto di vendita (c.d. “put”) entro un termine dato e il corrispondente obbligo di acquisto della partecipazione sociale a prezzo predeterminato, pari a quello dell’acquisto, pur con l’aggiunta di interessi sull’importo dovuto e del rimborso dei versamenti operati nelle more in favore della società.
Infatti, nella pattuizione così come sopra richiamata, non si sarebbe in presenza della violazione del divieto del patto leonino siccome mancherebbe il carattere assoluto e costante dell’esclusione dalle perdite per la durata della posizione di socio da parte del cessionario, e per cui non viene costituita una mera garanzia “assoluta e costante” di redditività della partecipazione del beneficiario dell’opzione, bensì una garanzia eventuale. Al contrario, l’elemento caratterizzante del patto leonino è che lo “stravolgimento” del ruolo del socio per effetto della sua stipulazione sia (i) totale e (ii) costante: (i) totale in quanto deve avere come effetto un’alterazione completa della causa societatis, che per effetto di esso subisca una completa modificazione dell’assetto, sì da porsi con essa in totale contrasto (in tal modo dovendo interpretarsi la locuzione normativa laddove menziona l’esclusione del socio “da ogni” partecipazione agli utili o alle perdite); (ii) costante perché l’effetto di totale alterazione deve risultare tendenzialmente irreversibile per effetto della pattuizione vietata e non risolversi in un’alterazione transeunte dei diritti patrimoniali del socio.