Il Consiglio dei Ministri, durante la riunione del 26 marzo 2024, ha approvato, in esame preliminare, il decreto legislativo che attua la riforma fiscale prevista dalla legge delega, 9 agosto 2023, n. 111. Detta normativa introduce un’importante revisione della disciplina doganale e del sistema sanzionatorio riguardante le imposte indirette.
Tra le principali novità previste dal decreto in commento, risalta l’abrogazione del d.p.r. 23 gennaio 1973, n. 43 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale – TULD), abrogazione tesa ad allineare le disposizioni della legislazione nazionale a quella dell’Unione Europea, attraverso un importante aggiornamento e riduzione delle disposizioni da esso previste.
Si tratta di una riforma epocale i cui elementi essenziali possono essere così definiti:
– abrogazione del TULD (D.P.R. n. 43/1973) e sua sostituzione con nuove disposizioni nazionali complementari al Codice doganale dell’UE;
-espressa qualificazione dell’IVA e di ogni altra imposta di consumo dovuta a favore dello Stato all’atto dell’importazione come diritto di confine;
-ridefinizione delle procedure di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi doganali;
-revisione del sistema sanzionatorio (amministrativo e penale) in materia di dogane, accise e tabacchi;
-revisione della disciplina sanzionatoria con particolare riguardo alla fattispecie di contrabbando;
-estensione della responsabilità amministrativa degli enti ex Lgs. n. 231/2001 anche ai reati di cui al Testo Unico Accise (D. Lgs. n. 504/1995) TUA.
In particolare, una novità di assoluto rilievo, con inevitabili ripercussioni anche sul versante penale, è l’espressa qualificazione dell’IVA all’importazione come diritto di confine (e non già come tributo interno), pertanto anche l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto potrà integrare la fattispecie di contrabbando per dichiarazione infedele prevista dal nuovo art. 79.
Per quanto concerne la revisione del sistema sanzionatorio, il decreto introduce diverse modifiche sostanziali. Da un lato è prevista l’introduzione di un nuovo reato relativo alla sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati, insieme a un nuovo illecito amministrativo riguardante la vendita non autorizzata di tabacchi lavorati o l’acquisto da parte di soggetti non autorizzati, oltre all’applicazione della confisca estesa anche per i reati più gravi in materia di accise. Dall’altro lato, è prevista la depenalizzazione di alcune violazioni considerate di minore gravità.
La novità più rilevante riguarda, però, l’abrogazione del TULD e l’inserimento dei reati previsti dal testo unico delle accise (D.Lgs. 504/1995) tra i reati presupposto previsti dal Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (c.d. sistema 231).
Il disegno di legge, infatti, in continuità con quanto in precedenza previsto in ambito sia tributario che doganale con l’inserimento, fra i reati presupposto, dei delitti riguardanti le imposte sui redditi e l’IVA del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, nonché dei reati di contrabbando previsti dal T.U. delle leggi doganali (TULD), dispone, all’art. 18, comma 2, lettera e), l’aggiunta, nella citata lista, degli illeciti previsti dal TUA, tra cui il reato di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa, il reato di fabbricazione clandestina di alcol e di bevande alcoliche, il reato che punisce l’irregolare tenuta del deposito e della circolazione dei prodotti soggetti ad accisa, nonché il reato (che potrebbe essere introdotto proprio in forza della stessa legge delega) di “sottrazione, con qualsiasi mezzo o modalità, all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati”.
Più nello specifico, la commissione di reati in materia di accise, così come oggi previsto per i reati di contrabbando, comporterà non solo una responsabilità penale delle persone apicali all’azienda, ma anche l’insorgere di una responsabilità amministrativa dell’ente che potrà essere colpito da sanzioni pecuniarie e non.
Introdotto il principio della responsabilità amministrativa delle imprese nel nostro ordinamento giuridico nel giugno del 2001, il Legislatore nazionale ha, di fatti, di volta in volta ampliato la gamma dei reati presupposti previsti dal D.Lgs. n. 231/2001 ed il processo di individuazione delle condotte delittuose per le quali adottare protocolli di presidio si è – tra gli altri ambiti – rivolto più recentemente alla tutela nei riguardi dei fenomeni fraudolenti rappresentati dai reati tributari.
In tale direzione ed a completamento di un panorama che non aveva tenuto conto delle criticità rappresentate dalle attività di import/export che qualificano la più ampia platea di aziende nazionali, già con il D.Lgs. n. 75/2020 è stata data attuazione alla Direttiva (UE) n. 1371/2017 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, “relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale”, annoverando tra i reati presupposto del sistema 231 il delitto di contrabbando, il quale, ai sensi dell’art. 34 del Testo Unico Leggi Doganali – TULD, (oggi oggetto di abrogazione) punisce – in linea generale – chi introduce nel territorio dello Stato, in violazioni delle disposizioni doganali, merci che sono sottoposte ai diritti di confine.
La disposizione in commento prevede al primo comma che “Si considerano diritti doganali tutti quei diritti che la dogana è tenuta a riscuotere in forza di una legge, in relazione alle operazioni doganali” e stabilisce, al secondo comma, che “Fra i diritti doganali costituiscono diritti di confine: i dazi di importazione e quelli di esportazione, i prelievi e le altre imposizioni all’importazione o all’esportazione previsti dai regolamenti comunitari e dalle relative norme di applicazione ed inoltre, per quanto concerne le merci in importazione, i diritti di monopolio, le sovrimposte di confine ed ogni altra imposta o sovrimposta di consumo a favore dello Stato”.
Dal tenore letterale dell’art. 34 del TULD si evince che le accise – in quanto imposte di consumo – debbano rientrare nella più ampia categoria di “diritti di confine”.
Valutazione, questa, confermata dalla stessa Corte Costituzionale, la quale, con la sentenza n. 233 del 7 dicembre 2018, ha precisato che i diritti di confine “così come descritti dall’art. 34 del TULD ricomprendono oltre ai dazi (risorsa propria dell’Unione) anche le accise sui consumi”.
La scelta operata dal Legislatore, pertanto, si pone in linea sia con l’orientamento giurisprudenziale prevalente che con la normativa europea, e colma un vuoto di tutela sino ad oggi evidente e relativo a tutti quei casi in cui la condotta dolosa del trasgressore abbia comportato la sottrazione delle merci all’accertamento delle accise.
Del resto, se il rischio potenziale di incorrere nel contrabbando doganale si profila – per definizione tradizionale – per tutte le aziende che intrattengono relazioni commerciali con soggetti residenti in Paesi terzi, il contrabbando riferito ai prodotti governati dalla disciplina del TUA può manifestarsi anche nelle transazioni intraunionali che – ai fini dell’accertamento dell’accisa – rappresentano sempre operazioni sensibili.
In altre parole, per il fatto che l’esigibilità di accisa sorge al passaggio di qualunque frontiera unionale, riconducendosi la nascita dell’obbligazione tributaria allo Stato membro ove si verifichi l’effettiva immissione in consumo, ogni singolo trasferimento di prodotto che risponda alle regole armonizzate (e non armonizzate, come avviene per gli oli lubrificanti) rappresenta un potenziale rischio.
Si tratta di un fenomeno di “contrabbando interno” rilevabile anche (soprattutto) nelle transazioni tra Stati membri, tra i quali non esiste un canale di controllo formale come per le importazioni. Peraltro, il rischio di sottrarre prodotto all’accertamento non discende esclusivamente dalla movimentazione dei soli prodotti accisabili movimentati tal quali, potendosi integrare la fattispecie penalmente rilevante anche nei casi in cui tali prodotti siano strutturalmente nascosti in macchinari o componenti che li contengano per esigenze tecniche costruttive, restando così celati alla rilevazione degli operatori, come ad esempio prodotti energetici, alcolici, oli lubrificanti e tabacchi.
Dal punto di vista prettamente sanzionatorio rimangono invariate la sanzioni pecuniarie previste dai commi 1 e 2 dell’art. 25-sexiesdecies e vengono estese le sanzioni interdittive applicabili ai casi di contrabbando con omesso versamento di imposte o diritti di confine per importi superiori ai centomila euro: oltre al divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, all’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi, e al divieto di pubblicizzare beni o servizi, vengono ora formalmente previste anche l’interdizione dall’esercizio dell’attività commerciale e la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito.
Alla luce di tali interventi normativi, ed in attesa dell’approvazione definitiva della riforma sul diritto doganale, le imprese dotate di un Modello di Organizzazione Gestione e Controllo, che hanno rapporti commerciali con l’estero e che vogliono tutelarsi contro il rischio di incorrere nelle fattispecie relative alle violazioni del diritto doganale, dovranno procedere ad una nuova valutazione del rischio derivante dai nuovi reati presupposto, prendendo in considerazione anche le condotte che possono comportare la sottrazione delle merci all’accertamento delle accise, ed integrare i Modelli inserendo specifici presidi di controllo volti a ridurre il rischio di commissione dei reati previsti dal Testo Unico sulle accise.
Come noto, infatti, il Decreto 231 prevede che l’ente non risponde dell’illecito amministrativo dipendente da reato se ha adottato ed efficacemente attuato prima della commissione del reato un modello 231 idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi, nonché affidato il compito di vigilare sul suo funzionamento, osservanza e aggiornamento ad un organismo con autonomi poteri di iniziativa e controllo.