Ai sensi degli artt. 2447 (per le S.p.a.) e 2482-ter (per le S.r.l.) si statuisce che, in caso di perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo legale gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo o deliberare la trasformazione della società.
Dalla lettura degli articoli sopra richiamati e l’art. 2484, n. 4 si evince che, nonostante la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale provochi l’immediato scioglimento della società, ciò è risolvibile attraverso l’adozione di misure di ripianamento di dette perdite o di trasformazione della società. Dette misure operano quali cause di rimozione dello stato di scioglimento in cui viene a trovarsi la società.
Detto principio di “salvezza” viene riaffermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza del 1° febbraio 2022 n. 2984 la quale statuisce che, nell’ipotesi di perdita del capitale e sua riduzione al di sotto del minimo di legge, lo scioglimento della società si produce automaticamente ed immediatamente, salvo il verificarsi della condizione risolutiva costituita dalla reintegrazione del capitale o della trasformazione della società, da deliberarsi, peraltro, con le maggioranze richieste per le modificazioni dell’atto costitutivo, cui detti provvedimenti danno sostanzialmente luogo, e non già all’unanimità, come necessario per la deliberazione di revoca dello scioglimento, in quanto, con il verificarsi dell’anzidetta condizione risolutiva, vengono meno ex tunc lo scioglimento della società ed il diritto del socio alla liquidazione della quota. (cfr. Cass. n. 9619 del 2009; Cass. n. 4923 del 1995; Cass. n. 8928 del 1994; Cass. n. 4089 del 1980).
Lo scioglimento della società comporta che gli amministratori non possono più attuare l’attività economica delineata nell’oggetto sociale, ma debbono compiere azioni coerenti con lo scopo di liquidazione della società, cioè, concretizzare l’attivo al fine di estinguere le passività ed il residuo ripartirlo tra i soci. Nel caso in cui gli amministratori non svolgano detti compiti, ne rispondono con il loro personale patrimonio nel caso in cui il loro operato provochi un aggravamento della situazione economica o patrimoniale della società.
Le norme supra citate affermano che le misure di ripianamento o di trasformazione debbono adottarsi “senza indugio”, senza però specificare quale sia il limite temporale superato il quale esse debbano considerarsi non più adottabili. La Cassazione viene in soccorso, (senza però citare l’art. 2631 c.c. che afferma ‹‹gli amministratori e i sindaci che omettono di convocare l’assemblea dei soci nei casi previsti dalla legge o dallo statuto, nei termini ivi previsti, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.032 euro a 6.197 euro. Ove la legge o lo statuto non prevedano espressamente un termine, entro il quale effettuare la convocazione, questa si considera omessa allorché siano trascorsi trenta giorni dal momento in cui amministratori e sindaci sono venuti a conoscenza del presupposto che obbliga alla convocazione dell’assemblea dei soci››) affermando che ‹‹non sussiste un termine decadenziale oltre il quale all’assemblea, a ciò convocata, sia precluso di deliberare ai sensi dell’art. 2482-ter c.c.. Il mancato rispetto della sollecitudine che detta norma impone agli amministratori per la convocazione dell’assemblea potrà essere causa di loro responsabilità, ma non preclude all’assemblea stessa di adottare, con effetto ex tunc, le delibere di ripianamento delle perdite in modo da ricostituire il capitale quanto meno al limite legale››.
In conclusione, la norma richieda un intervento tempestivo (ma non essendovi un limite temporale prestabilito), l’adozione delle predette misure potrebbe avvenire anche nell’esercizio successivo rispetto a quello nel quale la situazione di scioglimento si è verificata, ciononostante restano ferme le valutazioni sull’operato degli amministratori in termini di responsabilità verso la società, i soci e i creditori sociali nel caso in cui decorra un lungo lasso di tempo dall’adozione delle misure di ripianamento delle perdite o di trasformazione della società.