Transfer pricing: cos’è e a chi spetta l’onere della prova in caso di accertamento.
La disciplina italiana del transfer pricing è contenuta nell’articolo 110, comma 7, del TUIR con il quale si prevede la modalità di determinazione del prezzo appropriato nel trasferimento della proprietà di beni/servizi intangibili attraverso operazioni infragruppo.
La previsione si applica a prezzi o profitti relativi ad operazioni intercorse tra due imprese collegate residenti in Paesi a fiscalità diverse (come ad esempio due controparti di una multinazionale).
Le disposizioni sul “transfer pricing” si applicano a soggetti residenti nel territorio dello Stato che effettuano operazioni suscettibili di generare componenti positivi o negativi di reddito con società non residenti che, direttamente o indirettamente, li controllano, ne sono controllate o sono soggetti a comune controllo.
L’Amministrazione Finanziaria monitora i prezzi di trasferimento di beni e servizi, relativi ad operazioni infragruppo, nei casi in cui le parti utilizzino un regime fiscale più favorevole rispetto a quello di riferimento di una delle parti (ad esempio minore aliquota fiscale più bassa, deduzioni fiscali).
È onere dell’Ufficio dimostrare l’esistenza di transazioni, tra imprese controllate/collegate, a un prezzo apparentemente inferiore a quello normalmente applicabile sul mercato in regime di libera concorrenza.
L’attività di verifica sui prezzi di trasferimento viene concentrata nell’ambito di operazioni tra soggetti appartenenti allo stesso gruppo societario multinazionale.
I controlli devono valutare, tra gli altri, i seguenti indicatori: a) politiche commerciali ordinarie realizzate dal gruppo multinazionale; b) condizioni di mercato esistenti; c) contrattualistica di riferimento; d) rischi assunti dalle parti coinvolte nell’operazione.
Il contribuente deve custodire la documentazione correlata per dare evidenza, in caso di controllo, delle ragioni per le quali le operazioni siano comparabili ai prezzi di mercato, attraverso la corretta definizione delle caratteristiche dell’operazione, del mercato di riferimento e di ogni altro elemento idoneo a individuare operazioni (o soggetti) comparabili.
Ai sensi dell’art. 31-ter del D.P.R. 600/1973, le imprese con attività internazionale, potenzialmente esposte all’accertamento sul “transfer pricing”, hanno accesso a una procedura finalizzata alla stipula di accordi preventivi con riferimento, tra l’altro, alla preventiva definizione in contraddittorio con il Fisco dei metodi di calcolo delle operazioni di cui al comma 7, dell’articolo 110 del Tuir.
La disciplina degli accordi preventivi, applicabile alla operazioni infragruppo di trasferimento di beni/servizi, rientra nello spirito di collaborazione che dovrebbe caratterizzare il rapporto tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti.
Nei casi di controversie tra Fisco e contribuente, il recente orientamento della Corte di Cassazione afferma il seguente principio di diritto: “la prova gravante sull’Amministrazione Finanziaria riguarda non il concreto vantaggio fiscale conseguito dal contribuente, ma solo l’esistenza di transazioni, tra imprese collegate ad un prezzo apparantemente inferiore a quello normale, mentre incombe sul contribuente … l’onere di dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi normali alla stregua di quanto specificamente previsto dal T.U.I.R., art. 9, comma 3” (tra le tante: Cass. Civ. Sez. V n. 18436/2021; Cass. Civ. Sez. V n. 9615/2019).
Una recentissima sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, depositata il 16 agosto 2022, n. 3334/2022 rafforza il principio espresso dai Giudici di legittimità affermando che l’Agenzia delle Entrate “avrebbe dovuto provare anche che i prezzi applicati nelle transazioni infragruppo fra società aventi sede in stati differenti siano effettivamente inferiori ai prezzi normalmente praticati sul mercato in regime di libera concorrenza”.
Nel caso deciso dai Giudici lombardi, l’Amministrazione Finanziaria non ha dimostrato la presenza di uno scostamento reale tra “prezzi applicati” e “valore normale”.
Nel caso in cui l’Ufficio individui un effettivo differenziale tra il prezzo di trasferimento applicato all’operazione infragruppo con soggetti non residenti e il valore normale di mercato applicabile a un operazione assimilata tra imprese indipendenti, il contribuente deve produrre la documentazione, o altri mezzi di prova utili a eccepire l’inefficacia degli elementi utilizzati dall’Ufficio a base della verifica, dimostrando che la transazione infragruppo è stata eseguita a prezzi normalmente praticati sul mercato in regime di libera concorrenza.
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